" Finalmente è arrivata! Aspettavo questa medaglia d'oro da tanto tempo "
. Matteo Morandi da Vimercate conquista l'oro negli anelli agli Europei di Birmingham e riscatta il quarto posto dello scorso anno nell'edizione milanese. Sergente dell'Areonautica, 29 anni a ottobre, con il punteggio di 15.250 Morandi ha scavalcato il francese Ait Said Samir ( 15.100), che lo aveva preceduto in qualifica, e l'intramontabile Iordan Iovtchev, bronzo con 14.900.
L'ultimo azzurro a salire sul gradino più alto del podio europeo degli anelli era stato Andrea Coppolino, a Debrecen, nel 2005. Una staffetta ideale visto che Coppolino proprio quest'anno ha annunciato il ritiro. E prima di lui dominatore assoluto della specialità era stato Jury Chechi che a livello continentale aveva conquistato quattro titoli consecutivi, dal '90 al 96.
Due partecipazioni olimpiche e tre bronzi mondiali, sempre agli anelli (Debrecen 2002, Anaheim 2003 e Melbourne 2005), Morandi è arrivato alla finale molto teso.
"Avevo voglia di dimostrare il mio valore e di tornare in Italia con un buon risultato. In mattinata mi sentivo affaticato, poi partendo per ultimo ho accumulato tensione. Eppure lo Tsukahara teso (doppio teso con un avvitamento indietro, ndr.) mi è venuto come meglio non poteva."
Matteo ha voluto ringraziare il suo allenatore, Maurizio Allievi (che è anche responsabile delle squadre nazionali) e fare una dedica speciale.
"Questa medaglia è per la mia famiglia e a mia moglie Ilenia, che si lamenta che non le regalo mai i fiori. Adesso le porterò quelli della cerimonia di premiazione."
Per raggiungere Birimingham, Morandi ha affrontato un viaggio di 21 ore consecutive di pullman da Milano con la squadra: il lungo trasferimento era terminato martedì notte scorso. La decisione del viaggiomaratona è stata obbligata. Non c'erano voli, per lo stop al traffico aereo deciso per le conseguenze dell'eruzione vulcanica in Islanda e anche i treni erano pieni.
Juniores - Marco Lodadio ha conquistato la medaglia di bronzo nella finale juniors del volteggio. Il ginnasta dell'APD Vigna Pia di Roma con due salti quasi perfetti e il punteggio complessivo di 15.275 è riuscito a salire sul podio con 13 millesimi di vantaggio sullo svizzero Michael Meier, finendo alle spalle dell'armeno Artur Davtyan, nuovo campione continentale con la media del 15.462, e dello spagnolo Fabian Gonzalez (15.350).
È suo fratello, suo fratello maggiore, perché un'amicizia che nasce sotto un bombardamento diventa qualcosa di più, Milan e Milos lo sanno bene, ora che sono ancora inseparabili, undici anni dopo quel pomeriggio da incubo a Novi Sad quando si conobbero, nel pensionato dove vivano i ragazzi della Vojvodina, mentre fuori il cielo era solcato dai caccia della Nato e la città era devastata dalle bombe.
Inseparabili - Milan Jovanovic ha giocato, vissuto, riso, pianto, insieme a Milos Krasic, dandogli consigli nei momenti cruciali della sua carriera e oggi prova una sincera gioia nel vederlo
"raccogliere il successo che merita nella Juventus."
Che sarebbe diventato un fuoriclasse da grande club, lui l'aveva capito al primo allenamento, quando un Krasic poco più che quindicenne aveva sparato un dribbling dei suoi incantandolo.
"Mai visto così tanto talento in un ragazzino. Lo capiva anche un cieco che sarebbe diventato un fenomeno."
Le loro vite hanno continuato a incrociarsi, dopo le partite nella Vojvodina, le stagioni a Mosca, in squadre diverse, ma nello stesso appartamento. E poi la Nazionale, dove i due sono titolari fissi da un po' e trascinatori del buon umore dello spogliatoio. Parlando con Jovanovic non si fatica a capirne il perché: a parole, come in campo, è un'inarrestabile forza della natura. Gioca nel Liverpool, dove l'aveva portato Rafa Benitez e dove Hodgson non lo sfrutta come potrebbe. Sogna l'Italia e, magari di riunirsi al suo amico di sempre:
"Lo so che è difficile, forse impossibile, ma i desideri, anche quelli più folli bisogna sempre coltivarli, perché c'è sempre almeno una possibilità che si realizzino. E poi alla Juve troverei un altro amico: Aquilani! Nel poco tempo passato insieme a Liverpool ho subito visto che aveva un talento enorme, un talento da non sprecare. Non sapete quanto sono felice che giochi bene nella Juve. E se lo vedete, provate a chiedergli: adesso credi a quelli che ti diceva Jovanovic su Krasic? Chiedeteglielo e vediamo che faccia fa."
Milan Jovanovic, ci racconta come ha conosciuto Milos Krasic e come siete diventati amici per la pelle?
"Una scena che non scorderò mai. Era il 1999, eravamo nel pensionato dove vivevano i giovani della Vojvodina a Novi Sad. Milos era arrivato da pochi giorni quando ci fu il primo bombardamento della Nato sulla città. Tutti i ragazzi scapparono nei rifugi sotterranei, io rimasi nell'appartamento. Non so perché, a pensarci ora è una follia, ma allora volevo vedere cosa stava succedendo alla città e volevo stare davanti alla la tv che dava aggiornamenti in tempo reale. Poi mi giro e vedo che non sono solo. C'era Milos, che era il più giovane di tutti, aveva 15 anni, ma era lì con me: voglio vedere anche io."
Non aveva paura?
"Certo che aveva paura. Avevo una paura fottuta anche io, quelle erano bombe vere, ma sfidavamo quella paura opponendo tutto il coraggio che riuscivamo a trovare. Forse pensavamo che se fossimo stati abbastanza coraggiosi le bombe non sarebbero mai cadute sul nostro appartamento."
Quel pomeriggio vi ha legati indissolubilmente?
"Quel pomeriggio è iniziata la nostra amicizia. La vita e il calcio l'hanno cementata negli anni: ora per me Milos è un fratello minore, una persona di famiglia. D'altra parte fu proprio suo padre a dirgli:"
segui quello che ti dice Milan
" quando lo portò alla Vojvodina di Novi Sad. La Stella Rossa l'aveva scartato dopo un provino, ma il padre non voleva tenerlo a Mitrovica nel Kosovo, troppo pericoloso allora. Così lo portò a Novi Sad dove giocava anche suo fratello maggiore. Il padre, quindi, mi conosceva e disse: "Stai con tuo fratello e segui i consigli di Jovanovic"".
e lei che consigli gli diede?
"Beh (ride) il primo è stato: non ascoltare gli allenatori. Non seguire nulla di quello che ti dicono. Non esattamente un consiglio da persona saggia, no? Ma avevo una buona ragione."
Quale?
"La prima volta che l'ho visto su un campo da pallone ho capito subito che era un grande. In quel preciso momento ho avuto la certezza, la certezza vi dico, che sarebbe diventato un grande campione. Mai visto un così cristallino talento in un giocatore. Era ed è probabilmente uno dei talenti migliori degli ultimi vent'anni e non volevo che gli allenatori lo bruciassero con le loro manie tattiche del calcio a un tocco o due. Gli dicevo: vai Milos, sogna e dribbla, sogna e dribbla, non pensare al calcio a due tocchi, tu sei fatto per stupire."
Le ha dato retta...
"e io non sono sorpreso di quello che sta facendo alla Juve. Anzi, sono qui che aspetto che vi mostri molto di più, per ora ha espresso solo una parte del suo talento. Vedrete, vi stupirà ancora. A voi...."
Cos'ha di così magico?
"Lui non deve pensare a quello che fa: è tutto naturale, è tutto istinto. Non perde tempo a ragionare, le gambe vanno da sole e sanno cosa fare: saltare l'uomo. E ora è anche un giocatore disciplinato dal punto di vista tattico, ora fa bene ad ascoltare l'allenatore. Ora che è diventato un fuoriclasse, non corre più il rischio di diventare un giocatore industriale come sarebbe diventato se dava ascolto agli allenatori d'allora."
Dopo le giovanili, nelle quali non avete mia giocato insieme, vi siete ritrovati nella prima squadra della Vojvodina. Com'è stata la prima volta con lui in campo?
"Ero emozionato per il mio amico. E lui lo era per il debutto. Io avevo diciotto anni, lui sedici. E, sapete, non era ancora così forte e veloce: lo è diventato con gli anni, allenandosi e facendo molta palestra. Poi siamo andati a Mosca e anche se giocavamo in due squadre diverse, io nella Lokomotiv e lui nel Cska vivevamo praticamente nello stesso appartamento. Anche ora, in Nazionale, dividiamo la stessa camera e non riesco mai a dormire."
Russa?
"No, ti fa ridere! Voi non potete ancora saperlo perché Milos non parla italiano, ma ha un senso dell'umorismo travolgente. Scherza in continuazione, tiene sempre lo spirito alto, è la locomotiva che traina il gruppo verso l'atmosfera giusta. É difficile spiegarvi le sue battute, tipico umorismo serbo, ma penso che riuscirà a farvi ridere pure in italiano. Dategli solo il tempo di impararlo."
Ci racconta qualcosa che non sappiamo di lui.
"Allora vi racconto quello che ho scoperto anche io quest'estate al Mondiale. Dopo la sconfitta contro il Ghana ho conosciuto un altro Krasic. Era triste, arrabbiato, l'ho visto piangere per la delusione e l'ho visto tirare fuori tutti quei sentimenti sul campo di allenamento nei giorni successivi. Tutta la maledetta voglia di rivincita che aveva è riuscita a trasmetterla alla squadra come sa fare con il buon umore. E in campo, contro la Germania, è stato pazzesco: sì, è vero, il gol di quella vittoria storica per tutto il nostro Paese l'ho segnato io, ma Milos li ha uccisi con la sua grinta e i suoi dribbling. Ho letto le statistiche a fine match: Krasic ha saltato 12 volte Badstuber. Dodici! lì ho capito che Milos non aveva solo talento, aveva anche... le palle. Si dice così pure da voi?."
Può avere a che fare con il fatto di aver vissuto un'infanzia sotto le bombe?
"sì, quello ci ha fatto crescere più in fretta e ci ha dato più coraggio: quando hai visto cadere le bombe sulla tua città non è un avversario che ti può fare paura, anche se si chiama Messi o Ronaldo. Milos, io, e quelli della nostra generazione sono diventati uomini prima, ma non è un'esperienza che vorrei far ripetere a nessuno. Rimpiango una gioventù più normale e chissenefrega diventare uomini prima. Io voglio che i miei figli e quelli di Milos crescano in un Paese in pace e senza bombe. Si può diventare uomini anche senza quelle, ne sono certo."
Guido Vaciago Tutto Sport Domenica 24 Ottobre 2010
Ce ne accorgiamo ogni quattro anni, quando c'è l'Olimpiade e sulla colonna dell'attivo, tra chi sicuramente non tradisce, inseriamo tutti il suo nome. Valentina Vezzali, ragazza di Jesi, una di noi che, se la vedi in giro, non diresti mai che è un atleta (e che atleta: la migliore al mondo per continuità di risultati al livello più alto), ha conquistato negli ultimi dieci anni la bellezza di quattro medaglie d'oro (tre individuali) e un bronzo nelle tre edizioni dei Giochi. E i podi non sono sei solo perchè ad Atene le tolsero dal programma la prova del fioretto femminile a squadre. Uniteci sette titoli mondiali (quattro individuali) e due argenti, e in più otto Coppe del Mondo conquistate, avendo in mezzo la maternità che ha donato a lei e a Mimmo Giugliano, suo marito, il piccolo Pietro.
Bene, questa è Valentina, che tredici anni fa ad Atlanta, alla sua prima Olimpiade, si rilassava leggendo Topolino e che lo compra ancora per leggerlo a Pietro. Che ha perso giovanissima il papà e che tira nel suo ricordo, avendo come talismano insostituibile la mamma Enrica che la segue ovunque. Anche questa è Valentina, ovviamente nata il 14 febbraio, 35 anni fa, che declina il rifugio nel cuore caldo della famiglia con la spietatezza (la chiamano anche il "cobra") con cui tocca ogni avversaria, dopo averla stregata con lunghe pause prima di cogliere il tempo giusto per affondare la lama verso il corpetto di chi le sta davanti.
Trentacinque anni, età forse da pensione per una donna, anche mamma, che da venti stagioni domina sulle pedane di tutto il mondo e che non è ancora stufa, che trova sempre nel suo domani una sfida e un traguardo nuovi e tali da stimolarle un impegno che si fa sempre più duro perchè gli anni son quelli e passano pure per lei. Anche se l'età sembra solo sfiorarla: le ha dato un marito, un figlio, una nipote (Martina Pascucci) che, crescendo, mostra di seguire le sue stesse orme, ma non le ha tolto la voglia di confrontarsi e di scommettere giorno dopo giorno con e su sè stessa. L'obiettivo è Londra, per la quinta Olimpiade personale e per il quarto oro individuale, così da stracciare ogni altro record di longevità e di bravura assoluta. Dopo, il ritiro? Forse sì, ma perchè non provare magari solo un anno anche con la spada, così, tanto per togliersi lo sfizio?
Eccola Valentina, dolce e delicata, bella anche con i capelli appiccicati al volto togliendosi la maschera ma con la luce, in quegli occhi azzurri, che solo la vittoria sa regalare.
e' solo scherma, qualcuno dirà, e vincono sempre gli italiani. Non è così: è scherma, e questo significa tante cose: allenamento, riflessi, lezioni durissime e costanti, gare che durano una giornata intera in un seguirsi incessante di assalti sempre più impegnativi. Vince, in una concorrenza sempre più agguerrita e globale, chi ha i nervi più saldi, i muscoli più allenati, la mente più lucida e libera da angosce. Se poi si vince sempre, cannibalizzando una specialità, vuol dire che tutte queste doti, con tutto quel lavoro, il campione, la campionessa, e cioè Valentina, le ha dentro da sempre, da quando, inseguendo il mito di Sparaciari prima e Trillini poi, cominciò a seguire gli insegnamenti di Ezio Triccoli, secondo padre prima ancora che maestro, e poi di Giulio Tomassini e, ora, di Stefano Cerioni, altro prodotto della formidabile scuola schermistica jesina. Valentina (in carriera 57 medaglie d'oro, 14 d'argento, 8 di bronzo, oltre a 15 Coppe del Mondo vinte con 65 successi di... tappa, un record assoluto, per ogni disciplina) ora è un po' più conosciuta: merito di Ballando sotto le stelle, e merito degli spot televisivi interpretati con il piccolo Pietro.
Ma il meglio di sè continua a darlo in pedana, regalandoci ancora momenti di grande intensità agonistica, spettacolare e, perchè no, di sano nazionalismo sportivo con quel suo grande e ineguagliabile "senso per il tempo", schermistico si intende, perchè l'altro tempo, quello che scorre, per lei sembra restar sospeso.
Il supermaxi Alfa Romeo, timonato da neozelandese Neville Crichton, si è aggiudicato la 65ª edizione della Rolex Sydney- Hobart, classica della vela di 628 miglia marine ( 1160 km) tra l'Australia e la Tasmania. L'imbarcazione ha tagliato il traguardo dopo 2 giorni, 9 ore, 2 minuti e 10 secondi di navigazione: Alfa Romeo, partita sabato scorso dal porto di Sydney, è sempre stata al comando. Alfa Romeo è uno scafo di 30,48 metri costruito nel 2005 su progetto dell'architetto navale Reichel Pugh che ha disegnato lo stesso anno Wild Oats Xi, allestito per l'armatore australiano Bob Oatley. Wild Oats è la barca detentrice del record della traversata, conseguito proprio nel 2005 con 1 giorno 18 ore, 40 minuti e 10 secondi ma nell'edizione di quest'anno ha dovuto lasciare il passo alla 'sorellà tagliando il traguardo con due ore di ritardo.
La Sydney-Hobart è una delle più affascinanti classiche della vela d'altura che mette a dura prova le capacità degli equipaggi soprattutto nello stretto di Bass, il tratto di mare compreso tra l'Australia e la Tasmania, caratterizzato solitamente da forti venti e onde giganti. Nel corso della regata le barche si spingono fino al 43° parallelo meridionale, laddove soffiano i Quaranta Ruggenti, termine coniato dagli inglesi all'epoca dei grandi velieri che passavano per Capo Horn e che indica la forza dei venti che aumentano gradualmente man mano che si procede verso sud.
Erano cento le imbarcazioni iscritte quest'anno all'evento, di cui quattro maxi di 30,48 metri. Felice lo skipper di Alfa Romeo dopo aver passato la 'line honour', la linea del traguardo alle 22.02.10, ora locale, di ieri.
Quando Coppi vinceva - e accadeva spesso - l'Italia si fermava. Fortissimo su tutti i terreni, strada e pista, particolarmente dotato anche per le prove a cronometro, Coppi non dava scampo agli avversari. A voler essere pignoli, ma molto molto pignoli, non gradiva gli arrivi in volata. Meglio soli: andare in fuga esaltava lui e l'immaginazione di chi veniva rapito dalle cronache della radio. Nel 1940 Fausto Coppi vinse il Giro d'Italia al suo debutto: non aveva ancora ventun anni, fu il vincitore più giovane 20 anni, 8 mesi e 25 giorni: sono passati quasi settant'anni e nessuno lo ha battuto. Non era partito per vincerlo, quel Giro: era partito per imparare dal suo capitano Gino Bartali, nato cinque anni prima di lui. Tra l'altro Coppi stava svolgendo il servizio militare: gli avevano dato un congedo speciale per correre il Giro. Il 29 maggio vince, ovviamente per distacco, l'11ª tappa, Firenze-Modena andandosene tutto solo sull'Abetone e sotto il diluvio: dà 3 minuti e 45 secondi a Bizzi con Bartali terzo e in preda a un giorno di crisi nera. Indossa la maglia rosa e non la mollerà più per le restanti nove tappe fino a Milano. Il 10 giugno l'Italia entra in guerra ma Coppi, militare di leva, riesce a non fermarsi. Il 7 novembre 1942 stabilisce il record dell'ora sulla pista del Vigorelli in un clima allucinante: Milano è a rischio bombardamenti, lui ha potuto sostenere pochi allenamenti dietro moto, perché il carburante è razionato, i suoi tifosi fremono per assistere all'impresa ma vengono ingannati: agli organizzatori viene imposto di comunicare un orario falso per evitare l'assembramento della folla e lui stabilisce il record con le tribune praticamente vuote. 45,871 metri, appena 31 più di Archambaud. Per poco ma è record. La guerra non guarda in faccia a nessuno: il 17 novembre Coppi si deve imbarcare e va in fanteria in Africa. Fatto prigioniero dagli inglesi, riesce a tornare in Italia nel 1945 e giunge a Roma. La voce che Coppi sia nella Capitale giunge proprio al nostro giornale. Il "Corriere dello Sport" lo trova e il 9 aprile del 1945 Coppi partecipa a una esibizione al Velodromo Appio su una bicicletta fornita da un artigiano romano: Nulli. Coppi è tornato Coppi: dopo Roma vincerà Giri e Tour; la MilanoSanremo; i giri di Lombardia, dell'Emilia, della Romagna e del Veneto; la Freccia Vallone del '50 due settimane dopo aver vinto la ParigiRoubaix: quando seppero che avrebbe corso lui, in 112 non partirono neppure. Nel '46 vince la Milano-Sanremo: pronti via e subito in fuga. A Pavia il suo plotoncino ha 6 minuti di vantaggio; sul Turchino gli sta a ruota solo Teisseire; a Sanremo dà 14 minuti al francese e 18 e mezzo al gruppo con Bartali. Comincia la rivalità tra i due e dalla radio si sente:
" Primo classificato Coppi, in attesa del secondo, trasmettiamo musica da ballo ."
La musica di Coppi è una sola: primo a trionfare sulla prima scalata all'Alpe d'Huez, nel Tour del 1952. Primo a centrare la doppietta Giro-Tour nello stesso anno. Primo dappertutto: gli mancava solo la maglia di campione del mondo, riuscì a sfatare il sortilegio a 34 anni vincendo a Lugano nel '53. Selezionare le sue imprese è cosa impossibile: qui ci piace ricordare la vittoria alla Cuneo-Pinerolo di cinquant'anni fa. Era il 1949, 32° Giro d'Italia, 4° del dopoguerra: è il 10 giugno, terz'ultima tappa. Ci sono da scalare cinque salite: sulla prima, Colle della Maddalena (per i francesi Col de Larche) Coppi è già solo: in fuga. Prima del via il direttore sportivo Tragella andò da Fausto e gli chiese quali cibi dovesse dare ai suoi gregari. La risposta di Coppi?
" Pane, salame e... lanternino."
Cioè: aveva in testa di attaccare e di infliggere un distacco tale che gli altri, gregari suoi compresi, sarebbero arrivati con il buio. Dopo il Colle della Maddalena, il Vars, l'Izoard, il Monginevro e il Séstrieres: cinque colli, 254 chilometri totali, Coppi li fece diventare una cronometro. A Pinerolo, il 2°, ancora Bartali, arrivò a 11 minuti e 52 secondi; terzo Alfredo Martini, unico vivente, 89 anni. Fu proprio in questa tappa che Mario Ferretti, cominciò la radiocronaca così:
" Un uomo solo è al comando, la sua maglia è biancoceleste, il suo nome è Fausto Coppi ."
La prima volta anche Orio Vergani ha difficoltà a dargli un nome.
"Fu allora, sotto la pioggia che veniva giù mescolata alla grandine, che io vidi venire al mondo Coppi... Le gambe che bilanciavano nelle curve, le ginocchia magre che giravano implacabili, come ignorando la fatica, volava, letteralmente volava su per le dure scale del monte, fra il silenzio della folla che non sapeva chi fosse e come chiamarlo"
. É il 29 maggio del '40, undicesima tappa del Giro d'Italia, da Firenze a Modena, e il mondo si è appena accorto di quel corridore lungo e stretto al primo anno da professionista. Ma quel giorno, mentre il Giro celebra la nascita dell'uomo che rovescerà il ciclismo, sono altre le notizie che allarmano l'Italia.
Nei titoli dei giornali la punzonatura della corsa è diventata un'adunata di partenza, i termini bellici stanno entrando nel parlare comune, il ministero dell'educazione ha disposto la fine anticipata dell'anno scolastico e l'abolizione dell'esame di maturità: dai banchi bisognerà passare in fretta al fronte. Mentre Coppi affronta le montagne in maglia rosa, il governo raziona il sapone. Quando Coppi si arrampica sui tre valichi, Falzarego, Pordoi e Sella, i giornali avvertono di stare
" pronti ad obbedire quando l'ordine sarà dato "
. Il giorno che Coppi vince a Milano il suo primo Giro, Hitler aspetta soltanto che Mussolini si decida di fargli da gregario. L'ammiraglia riporta in fretta il campione a Castellania: deve andare in caserma, il Giro lo ha corso in licenza. Suo padre Domenico è morto poco tempo prima, sua madre Angiolina aveva sognato per Fausto un futuro da garzone nella salumeria. Ma il destino gli aveva preparato un'altra strada.
Lo sport è un buon modo per distrarre il Paese dalla guerra imminente, e al mito nascente Coppi vengono concessi permessi e licenze. Mentre il mondo precipita, lui fa l'eroe in bicicletta: corre e ovviamente vince. Ma anche per Fausto arriverà il momento di entrare in guerra: nel '43 si ritrova in Tunisia con quelli che dovrebbero fermare l'avanzata di Montgomery. Lo fanno prigioniero, rimarrà in un campo fino al febbraio del '45. Due pensieri fissi: la nostalgia di casa e la voglia di tornare a correre. Lo farà, e cambierà per sempre il ciclismo e il nostro modo di guardarlo.
Nessun altro sport assomiglia a un lavoro come le corse in bicicletta, e per l'Italia che deve tirarsi fuori dalla guerra Fausto Coppi che parte da lontano e vince, usando il suo talento ma mettendoci anche gambe e fatica, è il simbolo della ricostruzione, è il segno che ce la possiamo fare anche quando tutto attorno a noi sembra crollato.
Nella leggenda è rimasto appaiato a Bartali, tanto che sembra impossibile raccontare di uno a prescindere dal suo contrario, nella realtà invece Coppi è stato sempre solo, lontano, in fuga. Per la sua maniera di correre. Per come ha vinto, quasi sempre per distacco, per indole e anche per non doverci provare in mezzo agli altri, magari in volata. Per come è vissuto, sempre partendo da lontano, scegliendo la strada più complicata e seguendo le regole della passione. E certo anche per come è morto, così presto, una mattina di cinquant'anni fa, in un letto dell'ospedale di Tortona. Andando a mettersi una volta per sempre là dove tutti lo ricordiamo, solo al comando.
di Alessandra Giardini
Corriere dello Sport Mercoledì 23 Dicembre 2009
Jonathan Edwards, saltatore britannico, è stato ed è tuttora il più grande specialista del triplo al mondo. Ma, oltre ai suoi fantastici balzi nel periodo a cavallo tra gli anni ' 90 e 2000, è passato alla storia per le sue convinzioni religiose che gli vietavano di scendere in pedana la domenica. Figlio di un pastore anglicano dell'ala evangelica della Chiesa d'Inghilterra, nel primo periodo della carriera Edwards seguiva alla lettera l'insegnamento diffuso nel protestantesimo anglosassone. La stessa con- vinzione che impedì al protagonista del famoso film " Momenti di Gloria", Eric Liddell, di scendere in pista all'Olimpiade di Parigi 1924. Per questo Edwards rifiutò la partecipazione ai Mondiali di Tokyo 1991, pur essendo favorito per una medaglia: la qualificazione era in programma di domenica. Dopo due anni di riflessione e consultazioni con i genitori, il saltatore si convinse a mettere da parte il divieto:
" Se Dio mi ha dato questa dote fisica, è perché io possa esaltare il suo dono "
. E anche questa volta applicò alla lettera la sua ferma convinzione. Così ai Mondiali di Stoccarda nel 1993 salì per la prima volta sul podio conquistando il bronzo. Ma il meglio sarebbe arrivato subito dopo ai Mondiali di Goteborg 1995 quando fissò il record del mondo a uno strepitoso 18,29 metri. Limite ancora inviolato. La consacrazione olimpica arrivò nel 2000 a Sydney. Nel 2007 la crisi di fede e i primi dubbi. In una intervista fece sapere di essersi allontanato da Dio.
Il 13 marzo dell'inverno scorso. Ultimo slalom gigante maschile della stagione sulle nevi scandinave di Are. Ultime emozioni in Svezia, con l'austriaco Benjamin Raich con le mani già sulla classifica generale di Coppa del Mondo. Ma sulla pista di Svezia è lo svizzero Didier Cuche a dare spettacolo con una esibizione fuori ordinanza. Grazie alla quale conquista il titolo di specialità alla veneranda età di 35 anni. In corsa per un posto sul podio anche il nostro Max Blardone. Ma l'azzurro, dopo aver perso terreno sotto i fiocchi umidi della seconda manche, si era precluso la possibilità di salire su un gradino del podio del gigante. Il leone rossocrociato, classe 1974 e già argento olimpico nel lontano 1998 a Nagano, pochi giorni prima era diventato lo sciatore più vecchio a vincere un titolo iridato. Sulla pista di Are, appena uscito dal cancelletto per la prima manche, l'elvetico perde il bastoncino sinistro. ma, come fosse la cosa più naturale di questo mondo, continua a filare tra i paletti senza sbavature fin sull'arrivo. I suoi avversari sono increduli. Una discesa così non l'avevano mai vista prima. Nella seconda manche, l'abilità e la buona sorte, non sono da meno. Con le mani ben serrate sull'impugnatura dei due bastoncini stavolta, Didier non si fa frenare dalla fitta nevicata. Sul traguardo conserva la prima posizione cogliendo un successo insperato nonostante una lunga e blasonata carriera.
Al Cube di Pechino tifo e pronostici erano tutti per lui. Per Michael Phelps e il suo fantastico tentativo di superare il bottino record di sette medaglie d'oro stabilito da Mark Spitz ai Giochi di Monaco '72. Il 14 agosto lo statunitense di Baltimora si presentò in piscina che aveva già vinto tre titoli. Una giornata importante con le finali dei 200 farfalla e la 4x200. Ancora due vittorie avrebbero significato una seria ipoteca al raggiungimento dell'obiettivo otto ori. Nella finale dei 200 però aveva un avversario temibile, l'unico in grado di infrangere il suo sogno, l'ungherese Laszlo Cseh. Ma Phelps non aveva messo in conto che, oltre a Laszlo, avrebbe dovuto battersi anche contro un banale imprevisto. In acqua i suoi occhialini si sono a poco a poco riempiti d'acqua. All'ultima virata, con l'ungherese ancora incollato all sua scia, Phelps non vedeva più nulla davanti a sé.
" Era come nuotare nel buio e all'ultima virata non vedevo più il muro "
, dirà dopo. Ma è stato a quel punto che ha avuto l'intuizione di strapparli via e salvare il quarto oro.
Lo chiamavano l'Aviatore, e non era un complimento. Lo chiamavano così perché nel 1977, alla sua seconda gara sulla Ferrari, si era alzato in volo con la macchina ed era atterrato su due spettatori che passeggiavano in zona vietata, uccidendoli. Poi, certo, il coraggio e il talento di Gilles Villeneuve avevano avuto la meglio e purificato il soprannome da quell'origine malefica. Era rimasto l'Aviatore senza doversene più vergognare.
Quel giorno, il 27 settembre 1981, il canadese correva in casa, sul circuito che più tardi avrebbe preso il suo nome. Partiva lontano e cominciò a rimontare, sorpasso dopo sorpasso, e sembrava tenuto a terra solo dalla pioggia battente. mentre Laffite, che poi avrebbe vinto, con la Ligier cercava di sfuggire all'inseguimento. Sorpasso dopo sorpasso, e non possono riuscire tutti alla perfezione. Villeneuve tamponò la March di Daly e l'ala anteriore della Ferrari scavalcò il muso della vettura bloccandosi in diagonale contro l'abitacolo. Gilles non vedeva nullla oltre quella barriera, avrebbe dovuto fermarsi e naturalmente non lo fece, figuriamoci, dopo tutto quel lavoro. Andò avanti finché la corsa venne sospesa quando le due ore di tempo massimo regolamentari finirono. Lui si trovava terzo dietro Watson. Accecato e fradicio, ma terzo. Fu il suo penultimo podio. L'ultimo arrivò l'anno dopo a Imola. Due settimane più tardi, a Zolder, l'Aviatore decollò per sempre.
Campione del mondo sulle siepi a Roma '87, Francesco Panetta si presentò agli Europei di Helsinki del 1994 che era già a fine carriera, quasi un comprimario rispetto ad Alessandro Lambruschini e Angelo Carosi. Quattro anni prima, alla rassegna continentale di Spalato, Panetta aveva vinto l'oro e Lambruschini il bronzo.
Nella finale di Helsinki tutti e tre raggiunsero la finale. Ma dopo solo due giri Lambruschini fu vittima di una caduta subito dopo aver saltata la riviera dell'acqua.
In quel momento Panetta aveva già perso qualche metro dal toscano di Fucecchio. Con un gesto da libro cuore, si ferma e corre in soccorso dell'amico-rivale aiutandolo a rialzarsi. Non solo, lo trainò per riportarlo nel gruppetto di testa.
Grazie a quel gesto Lambruschini riuscì a conquistare un titolo continentale che sembrava ormai compromesso. Mentre Panetta finì invece lontano dal podio, ma ancora oggi quell'episodio è ricordato più delle sue numerose medaglie. Lo sportivissimo pubblico dell'Olimpico di Helsinki coprì entrambi di applausi carichi di riconoscenza.
Federica Pellegrini, finalmente tutti i dubbi sono fugati?
"Quella di oggi è una piccola conferma. Il tempo che ho fatto però non c'entra nulla con il tempo della vasca lunga, anzi direi che ho nuotato male. Se Alberto fosse qui mi avrebbe già cazziata."
Ha pensato a Castagnetti durante la gara?
"Sempre, dall'inizio alla fine".
Come si sentiva prima di scendere in vasca?
"Non molto euforica. Le sensazioni non erano positive né negative. Mi è successo anche a Roma, ormai lo so che è cosi. Mi scocca la scintilla solo trenta secondi prima di salire sul blocchetto. A Luca ( Marin) l' ho detto e lui mi ha sgridata ."
Temeva di non farcela?
"sì, sono arrivata a Istanbul convinta di essere in una condizione migliore, poi qui mi sono resa conto di non essere per niente in forma. Nelle batterie della mattina ho nuotato male, ho affrettato la nuotata, così in finale ho cercato una nuotata più lunga ed è andata molto meglio."
e' una medaglia importante quella conquistata qui?
" é fondamentale perché rappresenta una conferma arrivata dopo un periodo bruttissimo in cui ho perso due persone fondamentali nella mia vita, ma è anche un successo che mi stimola ad andare avanti."
Che tattica di gara ha usato?
" Sapevo che le avversarie sarebbero passate veloci con me, senza temere la seconda parte di gara. Così nella prima parte ho fatto come in batteria, poi ho accelerato."
Poco dopo essere uscita dall'acqua ha pianto.
"sì perché avrei voluto che Alberto fosse qui in questo momento e invece non c'è più. Ma ho pianto anche un po' di felicità, per avercela fatta."
a fine gara ha mandato due baci verso il cielo. A chi erano rivolti?
"Ad Alberto e a mia nonna Ines".
Ha mai temuto che con la perdita di Castagnetti l'incantesimo si potesse rompere?
"sì, assolutamente. Ho pensato anche al ritiro, ma per pochissimo tempo, perché non sarebbe stato quello che voleva lui. E nemmeno io lo volevo. Lui aveva altri obiettivi per me, voleva che facessi 100, 200, 400 e 800 a Londra."
Che ruolo ha avuto il nuovo allenatore, Stefano Morini, nella conquista di questo titolo?
"Lui è stato molto importante nell'ultimo mese. Abbiamo ricominciato a fare chilometri su chilometri a tempi buonissimi, che non avevo mai fatto l'inverno passato. Ha dato un grande contributo ."
Sentiva una pressione molto forte prima di questa gara?
"Dopo Roma credo che nulla mi potrà più spaventare. Al Mondiale la tensione era talmente forte da farmi venire la febbre prima di arrivare al blocchetto. Era tutta tensione nervosa perché ero arrivata a quell'evento al massimo della forma. E poi c'era Alberto."
Non si sta abituando troppo a questi record?
"Forse sì, nel senso che se domani dovessi vincere una gara senza record mi scoccerebbe molto. Però non dimentichiamo che da gennaio si ritorna al costumino e sarà veramente dura ripetere certi tempi. Si può dire che da gennaio si ricomincia tutto da capo."
Pensa che i record rimarrano a lungo?
"Sono convinta che bisognerà arrivare alle Olimpiadi di Londra 2012 prima di vedere i tempi che si vedono adesso." [...]
"Il progetto è fare un bell'Europeo a Budapest l'anno prossimo, Poi c'è un Mondiale di mezzo e infine Londra 2012. Così si chiude in bellezza." Cosa si chiude?
" La carriera. Basta competizioni, basta nuoto."
Alessia Filippi parla veloce, come al solito e come al solito non ha esitazioni. Ma quello che dice, qui agli Europei in vasca corta di Istanbul, non lo aveva detto prima e quello che si percepisce è che la decisione sia stata meditata. Dopo il Mondiale di Roma ( oro nei 1500 e bronzo negli 800), Alessia si è presa del tempo per sé stessa tra vacanze e piccole operazioni (le hanno estratto due denti del giudizio). A questi Europei in vasca corta arriva con una preparazione parziale e due cicli di atibiotici che l'hanno debilitata nel fisico. Da qui la decisione dell'ultimo minuto di rinunciare agli 800, la gara che un anno fa, a Rijeka, le aveva dato oro e record del mondo. Programma ridotto quindi: forse i 400 stile libero sabato (che la metterebbero in competizione con Federica Pellegrini), domenica poi i 200 dorso e i 400 misti se le due batterie non saranno troppo ravvicinate. Il progetto è a lungo termine e racconta di obiettivi ambiziosi e di un cerchio di cui si intravede una chiusura per una delle capionesse più di talento che il nuoto italiano abbia mai avuto. a Londra Alessia Filippi avrà 25 anni, non è presto per pensare di smettere?
"sì, sarò ancora giovane ma ho voglia di guardare il mondo fuori dal nuoto. Sono una persona che ama i cambiamenti, la monotonia non mi piace. Noi nuotatori siamo chiusi in una campana, siamo molto protetti, questo a volte pesa."
Come si vede fuori dal nuoto?
" Mi piacerebbe prendere una laurea, per questo mi sono iscritta allo Iusm (l'Istituto di Scienze Motorie dell'Università di Roma, ndr). Poi potrei prendere in gestione un impianto sportivo."
Torniamo a oggi, anzi a ieri, al mondiale di Roma. Cose le ha lasciato?
"Roma è stata un'emozione fortissima. Per questo parlavo di una nuova Alessia, ero molto carica volevo a tutti i costi vincere un mondiale in casa."
Dopo il mondiale, la scomparsa di Castagnetti. Cosa pensa di questa nuova organizzazione che si è data la nazionale?
"Alberto manca. Era il punto di riferimento. Aveva una parola di conforto se qualcosa non andava. Sapeva caricarti. Quando c'era lui si sentiva un'atmosfera particolare, senza nulla togliere a Marco Bonifazi e a i tecnici che seguono ora la nazionale."
Nel 2008 si è allenata a Verona per un anno. Poi è tornata a Roma per preparare il Mondiale. Non pensa che allenarsi lì, con Federica Pellegrini, sarebbe di giovamento a tutte e due, anche per la competizione che si potrebbe creare?
"In quel periodo ho un po' sofferto la lontananza da Roma. Ora mi peserebbe ancora di più. No, credo che stare nella mia città mi dia la tranquillità di cui ho bisogno "
. Un anno fa a Rijeka vinceva l'oro. Come mai ha deciso di non gareggiare su quella distanza quest'anno e di fare invece i 400?
" Perché sono arrivata qui con poca preparazione e perchè fare i 400 mi serve per misurarmi sulla velocità visto che gli 800 sono ormai diventati una gara veloce. Basta ricordare la finale di Roma."
Quindi gli 800 rimangono il suo obiettivo?
"Certo, a Budapest e poi a Londra dove fra l'altro, essendo un'Olimpiade, i 1500 non ci saranno. Budapest per me è un traguardo importante. Fu lì, nel 2006, che vinsi il mio primo oro europeo, nei 400 misti. Ci tengo molto a fare bene. Poi c'è il progetto di riprendere i 200 dorso, il mio primo amore con cui vinsi l'oro ai Giochi del Mediterraneo in Spagna, nel 2005."
Insomma tanta carne al fuoco. E le gare di Londra?
"Bella domanda, chi lo sa. L'ho detto, mi piacciono i cambiamenti e nel nuoto ho la fortuna di poter scegliere."
Un mix così lo hanno solo i fuoriclasse: gran fisico e tecnica sopraffina. In due parole, un giocatore completo. Mario Balotelli è tutto questo, la miglior gioventù del calcio italiano, un patrimonio di inestimabile valore del quale Massimo Moratti non si vuole privare. Sa che sarà difficile trovare un altro uguale a Supermario, uno che riesca a coniugare l'esplosività alla bravura nel carezzare il pallone, la velocità alla tecnica. Merce rara.
Atleta - Un fisico così lo hanno quelli che fanno atletica: 189 centimetri di altezza, sprint, velocità e accelerazione. Mario Balotelli è un centometrista prestato al calcio, un atleta a tutto tondo che nell'ultimo anno ha visto scendere il suo peso da 88 chilogrammi fino a 84- 85. Questo non è bastato a firmare un armistizio con Mourinho che ha spesso da ridire con lui imputandogli una scarsa propensione all'allenamento e a fare una vita da atleta professionista. L'ultimo scontro mercoledì sera, dopo la sostituzione per crampi, dovuta secondo lo Special One alla poca intensità che il ragazzo mostra durante la settimana, ma anche a un regime alimentare che non reputa adatto.
In campo Balotelli impegna i difensori avversari non solo con la sua tecnica, ma anche con il fisico. I suoi 189 centimetri gli permettono pure di fare il centravanti e di fungere da punto di riferimento per i compagni che, nel momento di difficoltà, lo cercano con lanci lunghi chiedendogli di tenere palla e di far salire la squadra. É successo per esempio a Genova, nel 5-0 contro i rossoblù di Gasperini. Il colpo di testa non è la specialità della casa, ma ha dimostrato di saper sfruttare i centimetri che madre natura gli ha messo a disposizione. L'ultima volta è successo in occasione del momentaneo 2-1 a Bologna. L'impianto genetico ereditato dalle origini ghanesi dei suoi genitori naturali gli consente di unire rapidità e forza. Non a caso i test di velocità che venivano svolti ad Appiano Gentile lo indicavano tra i primi tre della squadra sui 20 metri.
Ma c'è di più: nel test di condizionamento, che misura la capacità di salto da fermo tenendo le mani distese sui fianchi, Mario raggiungeva i 52 centimetri, una misura decisamente ragguardevole. Ancora: in palestra alla pressa caricava con 140 chilogrammi per gamba. Niente male per un ragazzo di 18-19 anni. Infine il piede: indossa una scarpa numero 45. Non sarà il 46 di Ibrahimovic, ma ci siamo quasi. C'erano una volta gli attaccanti dai piedi piccoli?
Tecnica - Il pezzo forte è il tiro, secco e preciso. Il meglio lo fa vedere in occasione dei calci piazzati: in Primavera su punizione era una ' sentenzà, ma dopo mercoledì e quella punizione da brividi contro il Rubin avrà scalato posizioni anche tra gli specialisti di Mourinho. Poi il dribbling: Mario non ha paura di tentarlo e punta gli avversari a volte ritardando (troppo) il passaggio per i compagni. Del resto personalità, genialità e sfrontatezza non gli mancano. Il repertorio è completato dalle giocate da artista: per informazioni riguardarsi il colpo di tacco- assist per Eto'o.
and.ram.
"Vivo in Francia dal 2003, a Parigi. Non proprio in centro, sarebbe troppo caotico. Però frequento abbastanza il centro. É una bella opportunità, non capita a tutti la fortuna di vivere una città così bella."
e' vero che suo fratello Mirco sta per sposarsi? Sarete costretti a separarvi...
"Si sposa? - ride - No, non si sposa. Per ora restiamo insieme, prima o poi la separazione avverrà."
Tutto è iniziato facendo la lotta da bambini, anche con vostro padre rugbista?
"Facevamo la lotta, come tutti i fratelli. Non tantissimo però, perché avendo iniziato molto presto con il rugby, sfogavamo i bollenti spiriti in campo."
Non siete mai stati gelosi o invidiosi uno dell'altro?
"No, la gelosia è un sentimento negativo ."
Chi è il più bello?
"Lui. O meglio, diciamo che Mirco attira di più le donne."
e chi è il più simpatico?
"Io sono simpaticissimo".
Cosa le manca dell'Italia?
"Gli amici e la famiglia".
Mantiene i contatti con e-mail, chat o telefono?
"Sono un po' orso. Non ritengo un segno di legame vero avere contatti frequenti. Le relazioni importanti vanno avanti senza continue conferme."
Frequenta francesi o italiani?
"Gli uni e gli altri, ma si parla sempre in francese."
Ha studiato la lingua, la conosce bene?
"Ho preso qualche lezione all'inizio, ma faccio ancora qualche errore nello scritto."
Cosa fa quando non si allena?
"Una vita normale: mi occupo della casa, se si rompe una cosa provo ad aggiustarla io. Faccio giardinaggio, coltivo i miei interessi."
In Francia il rugby è uno sport molto seguito, siete considerati delle star?
"Non subiamo assalti dei tifosi, anche perché siamo molto disponibili. E tutto finisce subito dopo la partita."
e' più buona la cucina francese o quella italiana?
"Preferisco quella italiana. Però la cucina casalinga francese è molto buona, il bollito per esempio mi piace. E poi adoro le ostriche e tutti i crostacei."
Va spesso al ristorante?
"Cerco di mangiare soprattutto a casa. Me la cavo a cucinare, quando ho tempo mi ci dedico. Cucino bene risotti e pasta."
Quanta pasta mangia?
"Dipende, se è vicino l'allenamento, per me e mio fratello ne cucino anche 300 grammi."
Ha paura degli infortuni?
"é un pensiero che è meglio non avere, rischierebbe di influenzare negativamente. Può succedere, si sa, ma non ci si pensa."
e' fidanzato?
"sì, no cioè... preferisco non parlarne."
Qual è il suo ideale di donna?
"Mi piacciono le more".
Italiana o francese?
"Le italiane non hanno nulla da invidiare alle francesi che però sono molto belle."
L'omosessualità è diffusa nel rugby?
"Io sinceramente non ho mai conosciuto omosessuali, mai incontrati. Nello sport c'è, ma forse è taciuta perché si è più esposti e allora la si vive in modo discreto."
La Francia è più libera da questo punto di vista?
"i francesi sono più aperti. Parigi però merita un discorso a parte perché, come dicono qua, Parigi non è la Francia e la Francia non è Parigi. É una grande metropoli, c'è un numero alto di razze e culture."
Italiani "all'antica"?
"Sul sesso siamo conservatori o vogliamo apparire tali, opponendoci poi a ciò che conosciamo."
L'omofobia da noi è un tema molto discusso di questi tempi e soprattutto un problema che non trova soluzione.
"é un tema particolare. Io credo che il confine tra quello che si vuole e quello che si può mostrare e sentire sia sottile ."
Avere la chiesa sul territorio è un ostacolo a una piena libertà sessuale?
"Credo che rallenti i processi. Quello che c'è ed esiste lo sanno tutti. Il Vaticano cerca di fare da filtro e serve ad esaltare lo spirito conservatore e frenare il processo di conoscenza."
Anche sul discorso della pillola abortiva, la Francia sembra più avanti e più consapevole.
"Su questo tema farei attenzione. Sono d'accordo che in una gravidanza avanzata sia meglio un aborto meno invasivo, ma è vero anche che serve un'assistenza medica."
Lei pensa mai a un figlio?
"sì, ma servono le condizioni".
Torna spesso in Italia?
"Mi sento profondamente italiano. In Italia torno poco e quando torno le priorità sono la famiglia e i parenti."
Da italiano che vive all'estero, si sente mai in imbarazzo per alcuni comportamenti dei nostri governanti?
"Una persona va giudicata per quello che fa nel sociale, per il suo lavoro. Il resto è ipocrisia. Se un politico lavora bene dovrebbe essere giudicato per quello, ma è anche vero che dovrebbe cercare di essere più discreto nel privato. A me interessa quello che fa per il Paese, non quello che fa nella sua vita privata, però non dovrebbe farsi
beccare ."
Pensa al caso Marrazzo?
"Anche. Lui l'ha fatta grossa, ma la prima foto che si è vista era quella di Marrazzo col trans; insomma c'è una sorta di oltraggio alla persona. Poi invece viene fuori di tutto e ti rendi conto che la questione è molto più complicata e inquietante, con tutte le morti che ci sono state. Purtroppo prima di ogni cosa c'è la tendenza a essere distruttivi. Con questo non giustifico il fatto, ma dico che dovremmo essere messi a conoscenza delle cose che contano e non se Marrazzo sia in ritiro a espiare o se abbia chiesto perdono al Papa. Sarà poi vero? Lo ha detto lui o qualcuno per lui? e soprattutto, Marrazzo ha chiesto di renderlo pubblico?"
Lei è credente?
"sì, ma non frequento molto la chiesa."
a 30 anni, a che punto è della sua carriera?
"Sono le mie ultime stagioni: 4-5- anni all'apice, poi basta."
e come vive questo periodo della sua vita?
"Come un trentenne che ha voglia di imparare e che non rinnega niente di quello che ha fatto."
Cosa le manca?
"Vincere una coppa europea e portare al gruppo italiano il mio contributo per un'evoluzione più ampia ed evidente."
Con la Nazionale siete stati a far visita ai terremotati dell'Aquila, in Abruzzo, che effetto le ha fatto?
"Abbiamo visto le casette, come le chiamano loro, che hanno consegnato ai terremotati, sono fatte bene. Abbiamo conosciuto tante persone che ci hanno raccontato tante cose, sono stati incontri particolari. Ma abbiamo visto anche grosse crepe nel centro storico e ci siamo resi conto che c'è ancora tanto lavoro da fare."
Cosa ha provato?
"Sono cose che ti fanno riflettere. Noi, come sportivi, abbiamo il dovere di portare un supporto morale a chi vive ancora questo dramma."
Ha un sogno ricorrente o una paura?
"Adesso è un po' che non lo faccio più, ma per un periodo sognavo sempre che correvo dappertutto e c'era un rumore infernale. Era una sensazione opprimente."
e' tifoso di calcio?
"Tifo Milan, ho seguito mio padre."
Balla?
"Non sono proprio un ballerino però sì, mi piace ballare."
Che musica ascolta?
"Qualsiasi cosa, se il ritmo mi prende va bene. Suono la chitarra da autodidatta, ma non ditelo a mio fratello, dirà che quello non è suonare."
Legge libri?
"Vado a periodi: leggo tanto e poi non leggo più."
Studia ancora?
"Sono iscritto all'ex Isef, mi mancano due esami per laurearmi. Dovrebbero mettere chi sta all'estero per lavoro nelle condizioni di poter completare il corso, ma non è così."
Lei è padovano, conosce la Cappella degli Scrovegni?
"Certo, l'ho visitata. É bellissima."
Lo sa, gli universitari non la visitano finché non finiscono gli studi. Si dice che chi ci entra prima, non si laurea...
"Questa non la sapevo, sarà per questo che non mi sono laureato...."
Soldini, come si definisce? "Un navigatore". Un navigatore che vive sulla terraferma, com'è la sua vita?
"é divisa in due parti: una organizzativa, la ricerca dei soldi, il marketing, o la costruzione della barca, sì quando si partorisce il mezzo. E poi c'è una fase sportiva, lo studio del percorso e infine la regata."
La barca si partorisce, è come una figlia?
"Direi piuttosto che è una fidanzata."
Una fidanzata che non parla, non risponde…
"Io però parlo con lei, o parlo da solo quando sono in navigazione in solitario ."
In cambio riceve lo sciacquettio del mare.
"Quello è una risposta, per esempio."
Che rapporto ha con il mare?
"Ho iniziato molto presto ad andare per mare e me ne sono innamorato. I miei avevano una barca e finché mio padre non l'ha purtroppo dovuta vendere, sono uscito, fino all'età di nove anni."
Eppure viene da una città, Milano, che non ha il mare.
"In realtà non ho vissuto a Milano tantissimo. Sono stato a Firenze, poi vicino a Roma. Ora in Liguria, vicino a La Spezia."
Ha letto il Vecchio e il Mare di Hemingway?
"No, non amo leggere libri sul mare."
e cosa le piace?
"Sono un appassionato di libri, ma soprattutto quelli di storia o di cronaca. L'ultimo che ho letto è quello di Calabresi ."
Se fosse un personaggio storico chi vorrebbe essere?
"Un grande navigatore, un esploratore, come Moitessier o Slocum o Magellano, loro mi incuriosiscono molto. Avevano un bel fegato."
Lei no?
"Il loro era un navigare diverso rispetto al mio, che è più consapevole. Noi abbiamo le carte, sappiamo dove andiamo. É più facile. La tecnologia apre le porte, ma alza anche le barriere, perché le cose te le annuncia prima che accadano."
La lotta tra il mare grosso, arrabbiato, e l'uomo resta una lotta impari, oggi come allora.
"La lotta col mare è uguale a ieri, noi oggi siamo solo più preparati ad affrontarla ."
Bisogna avere paura del mare?
"Una paura rispettosa".
Ha paura di qualcosa, forse di volare?
"No, niente in particolare, insomma non ho crisi di panico. Però la paura è una buona compagna di vita, è quella che ti fa frenare prima di una curva."
Lei si sente un po' matto? "No perché?" Le sue imprese non sono proprio normali, qualcuno glielo avrà detto.
"Mia madre me lo dice ancora, ma sono appunto discorsi da mamma. Bisogna imparare a gestire i rischi, poi è chiaro che può succedere di tutto, ma anche in aereo o peggio in treno!."
e sua moglie?
"Lei vive con fatica la mia assenza perché si deve occupare della famiglia e del resto da sola. A volte anche con preoccupazione, ma ormai la tecnologia ci permette di stare sempre in contatto, lei sa in tempo reale quando sta per arrivare una tempesta, anzi a volte lo sa prima che arrivi."
Ha figli? "Quattro, dai 13 ai 4 anni". Come concilia il suo lavoro, la sua passione, con la famiglia?
"é difficile quando sono via, ma compenso facendo con loro cose speciali. Come può essere un'uscita in barca."
Fa anche i compiti con loro?
"Ogni tanto mi capita di occuparmi di questi zucconi... Anche io a scuola ero un disastro."
Va al cinema, guarda la tv?
"In casa per scelta non abbiamo la televisione ."
i suoi figli cosa ne pensano?
"Ogni tanto guardano qualche dvd, ma poco. Ho spiegato loro che è meglio fare cose che rincoglionirsi davanti a minchiate."
La radio però ce l'ha? "La radio c'è". Che musica ascolta?
"Mi piace tutta la musica. Spesso quando sono lontano mi viene voglia degli italiani. Amo Fabrizio De André, Vasco Rossi, Teresa De Sio."
Ascolta parecchia musica in navigazione?
"In realtà no. In barca la musica è limitata perché l'energia è un bene prezioso e la musica ne consuma tanta. E poi, soprattutto in solitario, i rumori della barca sono fondamentali per capire se ci sono problemi."
Bisogna stare molto concentrati?
"No, basta il silenzio, ascolti il mare, la barca e sai se le cose vanno bene o male ."
Uno che preferisce il rumore del mare, come vive sulla terraferma? "Io vivo bene anche sulla terraferma."Cosa fa?
"Dormo… In realtà non ho molto tempo libero a disposizione."
Quando va in vacanza, dove va?
"Dove mi capita, vicino o lontano. Spesso in barca a vela."
Montagna mai?
"e invece anche in montagna, ogni tanto vado a sciare. Non ho una gran passione, se posso scegliere preferisco viaggiare."
è scaramantico, ha manie?
"Nessuna mania e nemmeno scaramanzia. Certo non dipingo la barca di verde, non ci credo ma si dice che porti sfortuna."
Cos'è la cosa più bella della vita?
"i figli sono una cosa bella, li ho visti nascere tutti e quattro e sono un esperto di nascite. In ospedale sono di casa, conosco tutte le ostetriche."
e la cosa più brutta?
"Direi che la morte non mi attira affatto."
La sua o quella degli altri?
"Mi spiace che qualcuno muoia e non ci sia più, quindi la morte degli altri. Be'… anche la mia non mi farebbe piacere."
Nella vita deve fare ancora tante cose?
"Tante sì, ma cosa chi lo sa... L'importante è svegliarsi contento la mattina per quello che si è fatto."
Lei si sveglia sempre contento?
"Magari… Mi sveglio anche io scontento qualche volta."
e cosa fa in questi casi?
"Un bel niente! Non succede proprio niente, mi alzo e faccio quello che devo fare anche se non mi va."
Suo fratello è il regista Silvio Soldini, ha mai pensato di fare un film su di lei?
"No, ognuno fa le sue cose. Andiamo d'accordissimo, per carità, ma lui fa un certo tipo di cinema e non gli interessa fare un film su di me. Né tanto meno io farei l'attore in un suo film."
C'è un posto dell'Italia di mare particolarmente bello dove andrebbe a vivere?
"L'Italia di mare è bellissima tutta. Non so dove andrei a vivere, poi dipende a farci cosa."
e' vero che il mare sta male?
"Il problema ecologico è un problema degli uomini. Tutto il pianeta sta male. In Messico ho parlato con un pescatore che aveva una barchetta di 4 metri e un piccolo motore fuoribordo e mi diceva che negli ultimi 5 anni i pesci sono diminuiti tantissimo. É un macello. Le risorse sono sempre di meno."
Quali le soluzioni?
"Bisogna usare la testa e l'intelligenza per fare regole che garantiscano la sopravvivenza del pianeta. Purtroppo il problema è politico e non ecologico ."
In che senso?
"Ci sono scelte politiche da fare, ma prevalgono come sempre gli interessi economici. Però i segnali positivi ci sono: Obama ha detto che gli Usa diminuiranno le emissioni di Co2 del 17% in dieci anni. Sono passettini, certo, ma è importante che ci siano."
Cosa succederà?
"Se non ci pensiamo noi, ci penserà la natura stessa. Il mare sale, la desertificazione…."
Ci penserà la natura con le tragedie, come il terremoto in Abruzzo o l'alluvione a Messina? "Appunto". Ha paura di invecchiare?
"Ho 43 anni, è un'età bellissima in cui ci si sente più maturi, si ha più esperienza. Dal punto di vista agonistico il limite c'è, ma ancora ho almeno dieci anni davanti, per navigare serve la testa oltre che i muscoli."
Da sempre è Robertina. Perchè quei 163 centimetri di altezza suggeriscono il diminutivo, ma anche per il suo modo di fare sbarazzino, simpatico, coinvolgente.
La Vinci ha scoperto il tennis a 6 anni. E le è piaciuto subito. Il doppio è stato la sua prima passione. In coppia con Flavia Pennetta ha vinto il Roland Garros junior nel 1999. Oggi lo gioca meno.
"Non ho una compagna con cui disputare tutti i tornei. E poi io preferisco fare coppia con un'italiana, spiegarmi in inglese è più difficile ."
Con Sandrine Testud (ma la francese parlava benissimo la nostra lingua) è approdata alle semifinali del Roland Garros e degli us Open. In Fed Cup ha un record difficile da battere: ha giocato 14 doppi e li ha vinti tutti.
Da ragazza giocava il rovescio a due mani, poi ha visto che quel movimento le provocava dei dolori al polso ed è passata a giocarlo a una mano. Robertina appartiene a una razza in via di estinsione, quella di chi gioca serve&volley. É un piacere vederla in campo, ammirarla quando mette in difficoltà quelle ragazzone dai muscoli di acciaio che si perdo- no dietro una palla corta o a una volèe che le inchioda al terreno.
a tagliarle la strada ci hanno provato gli infortuni e i sentimenti. Prima l'operazione al polso nel 2007. E la classifica che era diventata imbarazzante, 280 del mondo. Poi la separazione dal suo fidanzato/ allenatore Francesco Palpacelli, dopo una storia d'amore lunga cinque anni.
Ma lei ha un carattere forte. Con la spinta dei genitori (papà Angelo e mamma Luisa), con l'aiuto del fratello Francesco, ha tenuto duro. É rimasta al tc Palermo ad allenarsi ed ora sta tornando su.
Dentro la borsa ha portato per tanto tempo (e forse lo porta ancoa) un pupazzo di peluche arancione, un dinosauro che Francesco le ha regalato quando era piccola. Un portafortuna che non l'ha mai tradita.
Margherita ha appena compiuto trent'anni. Tempo di bilanci, come donna e come atleta?
"Non è cambiato molto. Forse a questa età non ti perdonano più niente; però non lo considero un traguardo. Mi capita di fare un resoconto ogni quattro anni, legato alle Olimpiadi. Più che riflessioni relative all'età, quindi, le riflessioni riguardano i periodi."
Il tempo che passa non fa paura?
"Lo sport è giovinezza, spregiudicatezza. É un mondo fatato quello nostro."
Le favole a un certo punto finiscono…
"i conti con se stessa si fanno forse quando arriva un figlio. Io non ci ho pensato ancora. Non amo programmare la vita. Penso ad adesso e adesso sono un'atleta. E non so se sarei in grado di fare anche la mamma. Certo, non mi tirerei indietro."
Lei ha detto
"in questo periodo sono felice, anzi innamorata"
: l'innamoramento è più della felicità?
"L'innamoramento completa la felicità. Perché si può essere felici senza essere innamorati e vivere bene. Ma quando hai l'amore è tutto più bello."
Esiste l'amicizia tra uomo e donna? Lei per esempio è fidanzata con quello che era, ed è tuttora, il suo manager.
"Io credo di sì. Ho ottimi rapporti con gli uomini. Lo sport unisce. Viviamo momenti molto intimi, tra donne, ma anche con gli uomini della squadra. Condividiamo il tempo e le emozioni. É come essere dentro a un Grande Fratello. Comunque, non faccio distinzioni. Se una persona è amica, uomo o donna non cambia."
Racconta le sue cose, anche quelle più personali?
"Mi piace parlare, ma devo avere confidenza e fidarmi. Nell'amicizia e nell'amore se un rapporto funziona è giusto dirsi tutto."
e' più doloroso il tradimento di un amore o di un'amicizia?
"Di un amore, ma io dimentico e perdono. Do un'altra possibilità e non porto rancore."
Lei è uscita dall'Arma dei Carabinieri per poter lavorare alla trasmissione Annozero, che le era stata proibita. Se fosse stata un uomo il divieto sarebbe stato uguale?
"Il mondo militare è un mondo maschile. Ma io ho vissuto quattro anni positivi nei Carabinieri. Quello di Annozero era un fatto politico. A me è sembrato tutto esagerato, anche la dichiarazione di Cossiga, che disse che ero andata a fare la velina. Questo sì è maschilismo. A parte che non capisco perché il lavoro di velina debba essere associato a qualcosa di negativo. Comunque, Cossiga poi mi ha chiesto scusa."
Quando indossate la maschera vedete il mondo come le donne che indossano il Burqa, ci ha mai pensato?
"Per noi è una protezione fondamentale e necessaria, le donne che usano il Burqa non fanno un combattimento… Se è un'imposizione dell'uomo è una cosa grave, se è una libera scelta io la rispetto. Non so, è una cultura troppo diversa per capire fino in fondo. Alcune egiziane che si allenano con noi, anche sotto alla maschera, col caldo che fa, indossano il velo che copre il capo, ma non le obbliga nessuno, sono convinte, quindi va bene così."
e com'è il mondo visto da dietro a una rete?
"Limitato. Anche perché si ha una visuale solo dritta, lateralmente non si vede. Nella scherma è necessario e funzionale, guardando solo l'avversaria non si perde la concentrazione."
Lei si distrae facilmente?
"Oh sì, io sono una distratta, anche con la maschera! Mi passano per la testa tanti pensieri, tante cose vengono fuori in pedana. Ho dovuto lavorare con uno psicologo sportivo per questo."
Dopo la scherma, il giornalismo?
"Il mondo della comunicazione mi affascina. Mi piacerebbe lavorare nello sport, penso che avere a che fare con gli atleti per me sarebbe naturale, ho sviluppato una determinata sensibilità, insomma potrei capirli molto. E poi mi piace scrivere. Qualsiasi cosa, anche un resoconto della giornata. Non un diario, mi basta un pezzo di carta, che poi posso anche buttare."
Scrive lettere d'amore?
"No, anche se l'idea della lettera è bellissima. Però sono una fisica, da abbraccio, sorrisi, contatto. Se rivedo Carlo dopo giorni, ho bisogno di corrergli incontro, come fanno i bambini ."
Qual è la cosa più bella che le ha detto?
"Stare insieme a te dà un senso alla vita ."
e' gelosa?
"Moltissimo, ma gelosa dignitosa."
Anche in famiglia?
"La famiglia è una sicurezza, nessuno me la porterà via. Siamo quattro fratelli, ci hanno voluto bene allo stesso modo, mai provato gelosia."
Lei che numero è? "La quattro". Prega?
"Mi capita di cercare un contatto diretto. Con Dio ci parlo. Ma il dubbio resta."
Bisogno di spiritualità?
"Ho toccato Papa Woytila quando ero piccola. Poi quando è morto, con mamma siamo andate a San Pietro, abbiamo percorso quel tragitto lunghissimo, dalle sette di sera alle sette dell'indomani, il tempo è passato senza che me ne accorgessi. Di quella notte ho un ricordo pazzesco. Quando sono arrivata da lui, non ce l'ho fatta nemmeno a guardarlo. No so quale sia il senso di questa cosa, forse il mistero. Ero come spinta ad andare."
e il Dalai Lama?
"Grande spiritualità. Mi sono commossa vedendolo. Quell'incontro mi ha fatto riflettere su molte cose, si può vivere in modo diverso."
Quali sono le cose che contano nella vita?
"i sentimenti, l'amore per le persone che ti sono vicine, per la famiglia."
e il successo cos'è?
"Il successo ti capita, non lo cerchi. Bisogna goderselo come una fortuna, senza strafare e volerne sempre di più. Invece, spesso non ci si accontenta."
Come si vede nel futuro?
"Sogno di voltarmi indietro e di essere contenta di quello che ho fatto, senza rimorsi e senza rimpianti. Posso immaginarmi una grassa signora che dà da mangiare ai cani. O anche a fare la vita di campagna."
Perché le viene in mente una donna grassa, ha problemi di linea?
"Mi piace mangiare e cucinare e farlo con gli amici. Faccio fatica a fare una dieta, ma devo stare attenta. Sono golosa di dolci, come crostate, cioccolata calda con la panna. Amo godermi il cibo, per me è felicità. La sera vado a dormire pensando alla colazione dell'indomani!
"
Si trucca?
"Il mascara lo metto anche se non devo andare da nessuna parte."
e i capelli?
"Sono una corazza, una copertura. Li tocco spesso, li lego e li slego in continuazione. C'è qualcosa in questa gestualità che evoca la sensualità. Ma a me i capelli servono per coprirmi il viso se ce n'è bisogno."
Dove vive?
"Sono un po' vagabonda. Adesso in Umbria a Narni, mi alleno a Ternie qualche volta a Roma. E a Torino faccio riabilitazione."
Trieste le manca?
"Da matti. Mi manca il mare e il vento, che ti danno quel senso di libertà e la sensazione di volare."
Lei è una donna libera?
"Dipende. Spesso sono sopraffatta dalla responsabilità nei confronti degli altri, mi faccio tanti problemi e non scelgo quello che interessa a me."
e' mai stata molestata?
"L'anno scorso durante la trasmissione. Non fisicamente, ma ricevevo insulti terribili. Ho perso la serenità. Più che paura era fastidio. Però avevo il terrore del telefono."
e fisicamente?
"No, tranne una manata sul sedere di un vecchio. Cose da pazzi, ero davanti a una vetrina con mia madre, questo passa e con tutta naturalezza mi tocca e va via come se niente fosse!"
Ha paura di andare in giro di notte?
"Sono una paurosa, di quelle che l'urlo le resta in gola."
Non si saprebbe difendere?
"Sono agile, ma calci e pugni non li so dare."
Si sente bella?
"a volte carina, a volte meno. Non è una cosa che mi interessi. Quando mi vesto non mi guardo mai allo specchio. Però, se mi capita di non sentirmi sicura, mi… controllo nelle vetrine dei negozi ."
Federica Pellegrini, nel tuo libro citi solo due volte Alberto Castagnetti. Come mai?
"Nella mia testa lui apparteneva a un futuro che avrei voluto raccontare più in là. Volevo dedicargli un capitolo a parte, approfondire la nostra storia quando sarebbe finita."
Quando è morto hai pensato di chiudere con l'agonismo.
"Ci ho pensato nei periodi di maggiore sconforto. L'idea durava pochi secondi, poi veniva subito accantonata da quello che avrebbe voluto Alberto, da quello che vuole."
e così hai ricominciato subito a nuotare.
"Se mi fossi adagiata troppo, non avrei più ripreso. Era giusto andare avanti e farlo subito."
Hai cominciato ad allenarti con Stefano Morini, detto "il moro". Come va?
"c'è una differenza di allenamenti, di filosofia. Avverto l'assenza di Alberto come persona. Mi mancano anche le nostre liti. A un certo punto però mi sono resa conto che stavo diventando crudele, facevo dei paragoni. Devo rendermi conto che nessuno mai sarà come Alberto. Col "
moro
" va bene, due giorni e già nuoto meglio."
Del recente passato c'è un altro brutto momento che ti porti dietro.
"Un incubo. Sogno di essere chiusa in una stanza senza finestre, nè porte. E sul pavimento c'è l'acqua che sale, sale sempre di più. Ho paura di soffocare e non posso fare niente. Tutto è cominciato dopo quella sensazione terribile che ho provato a Genova. Mi sveglio senza fiato, mi manca l'aria. Devo fare dei respiri profondi, devo scacciare l'apnea di pochi istanti prima."
Voltiamo pagina. Recentemente sei stata in Giappone. Come è andata?
" Sono stata contenta soprattutto per mamma, si è svagata. Ne aveva bisogno "
. In che lingua comunicavate con loro?
"In italiano, grazie a un'interpete giapponese. Una che metteva sempre la "
l" al posto della "r". Divertente". Cosa hai portato dal Giappone?
" Ero andata lì con l'idea di farmi un tatuaggio, ma mi hanno detto che in piscina dovevo coprirli, mi hanno detto che solo la mafia giapponese si fa tatuaggi vistosi. E allora ho preso un po' di disegni, geishe e fiori. Lo farò in Italia."
Ma quando sei andata a nuotare, hai poi coperto i tuoi tatuaggi?
"No. Forse mi avranno scambiato per una mafiosa."
L'idea del viaggio negli Stati Uniti è definitivamente accantonata?
" Diciamo rinviata. Se andrò avanti a nuotare, quel viaggio lo farò nel 2013."
Proseguirai la carriera anche dopo i Giochi di Londra? "Dipende". Da cosa?
"Potrei smettere se ci saranno presupposti per mettere su una famiglia, valore a cui tengo moltissimo. Oppure se mi sarò stancata di nuotare, o se vorrò aprirmi ad altre esperienze."
Pensi di iscriverti all'Università?
"Lo farò il prossimo anno. Sono indecisa tra giurisprudenza e lettere."
Sta arrivando Natale, scegli un regalo per i tuoi genitori, un sogno da realizzare.
"Spero che papà trovi il bar che cerca da tanto tempo. Un locale tutto suo."
Argomento tosto. Il sesso. Luca Marin ha detto a un settimanale che avete fatto l'amore durante i Mondiali di Roma.
"Non capisco perchè questo abbia fatto scalpore. Siamo assieme da due anni, in quaranta giorni di collegiale potrà pure capitare qualche volta."
Ma lui si riferiva ai dieci giorni del Mondiale.
"Non è strano. Se capita, non vedo quale sia il problema"
Sei dunque con chi è favorevole all'attività amorosa anche a ridosso delle competizioni?
" Dipende, è molto soggettivo. Sono una persona che dà molto valore all'amore. Una botta e via è sbagliato, anche se lo fai lontano dalle competizioni. Ma fra due che stanno insieme, anche se capita il giorno prima della gara, non vedo che problema ci sia."
Sono due anni che stai con Luca, sei ancora gelosa?
"Sono possessiva, anche se adesso riesco a controllarmi di più. Non è passata, ma è sotto controllo."
a proposito di sesso, negli ultimi tempi si è parlato molto di travestiti e transessuali. Pensi che nella sessualità non ci siano limiti?
"Sono molto aperta di pensiero. Ognuno è libero di fare quello che vuole della sua vita. Se uno nasce con un corpo diverso da quello che si sente, è padrone di fare quello che pensa sia necessario per ritrovare l'armonia"
Niente limiti, dunque.
"i limiti li vedo in un altro campo. A me sta bene che una coppia che non riesce ad avere figli possa ricorrere all'inseminazione artificiale, ma non mi sta bene che una donna faccia un figlio a 65 anni. Bisogna essere meno egoisti, pensare che quando lui avrà 15 anni tu forse non ci sarai più."
Ci sono omosessuali nel mondo del nuoto?
" Penso ci siano, ma non credo siano tante. Ma perchè poi dovrebbe diventare una cosa degna di attenzione? Se vedessi due ragazze che stanno assieme, non ne farei certo un problema."
Che importanza hanno le coccole nella vita di una donna?
"Per me sono fondamentali. Sono una ragazza che ha tanto bisogno di affetto, mi conquisti anche con delle piccole cose che possono rivoluzionare la mia giornata ."
Torniamo in piscina. A Londra vuoi fare quattro gare.
"é l'obiettivo: 100, 200, 400 e 800 stile libero"
Più la staffetta.
"Credo molto alla staffetta, anche se a Roma ho preso una bella pacca. Dobbiamo diventare tutte più cattive in gara, fin dalle batterie. Se faccio quattro prove, ai Giochi la mattina non gareggerò. Quindi bisognerà trovare quattro staffettiste che ci portino in finale."
Come pensi di reggere lo stress di tante gare?
"Dovrò allenarmi a mantenere alta la concentrazione a livello mentale e conservare una prestazione fisica ottimale."
Vuoi diventare la Phelps delle donne?
"Lui di gare ne ha fatte otto. E le ha vinte tutte."
Ma era agevolato in staffetta.
"Vero. Gli Usa forse le avrebbero vinte anche senza di lui. Ma resta sempre un fenomeno."
Quale è la motivazione che hai trovato per il prossimo ciclo olimpico?
"L'obiettivo va di pari passo con quello di Alberto, fare il massimo sulle quattro gare a Londra."
Come farai a farti piacere quegli 800 sl che hai sempre odiato?
" Non lo so. Non ne ho idea. Spero di azzeccare la gara fin dalle prime volte. Se mi convinco che posso farli bene, magari vado avanti."
Quando li sperimenterai in prove importanti? "Solo dal 2011". Quale è la cosa nel nuoto che ti dà più fastidio? " Essere presa in giro " . a volte sembri molto sola.
"Sono malinconica di natura. Mi posso sentire sola, anche se ho tremila attenzioni attorno. La verità è che mi porto ancora dietro la solitudine di quei due anni milanesi."
Aveva un po' di febbre domenica Sara Errani. La tuta tirata su a coprire il collo, un rossore sopra misura sulle gote e la voce ammorbidita dal raffreddore. E per mascherare la sua timidezza ha prima detto:
" é un onore far parte di questa squadra, Francesca e Flavia sono due ragazze fantastiche "
. Poi ha aggiunto:
" Parlo così perchè ho la febbre "
. Al tennis è arrivata presto. A 5 anni aveva già la racchetta in mano., a 12 il papà Giorgio, titolare di un'ìazienda ortofrutticola, la mandava a Bradenton nell'Accademia di Nick Bollettieri. A 16 volava a Valencia e si trasferiva con Pablo Lozano e David Andres, che sono ancora i suoi allenatori. a casa restavano, oltre al babbo, la mamma Fulvia ( farmacista) e il fratello Davide che tra gli sport aveva scelto il calcio, arrivando a giocare tra c2 e d von Faenza, Provercelli, Cervia e Reno Centese. Per farla preparare in Spagna la famiglia spendeva circa 60.000 euro l'anno. Oggi si può tranquillamente dire che è stato un investimento che ha dato buoni risultati. Questa biondina dagli occhi cerulei, nonostante sia una piccolina ( 1.64 per 60 chili) tra le gigantesse, sa farsi valere. Ha vinto due tornei in singolare (Palermo lo scorso anno e Portorose nel 2007), altrettanti in doppio ( il primo in coppia con Flavia Pennetta). Dotata di ottima reattività, copre bene il campo ed ha nella terra battuta la sua superficie preferita. Ha il carattere della guerriera, non si arrende mai. Per due volte ha raggiunto il terzo turno in un torneo dello Slam, nel 2010 ha detto che vuole fare di più. Libri, film, musica pop e l'abilità nel gioco del Monopoli. Questi i suoi hobby innocenti. Ma le piace anche giocare con le compagne a carte. E se perde, si arrabbia. Parla bene l'inglese, in questo è la migliore del gruppo. A Reggio Calabria ha voluto giocare il doppio a risultato acquisito, nonostante avesse qualche linea di febbre.
Gallinari, quando ha iniziato a diventare così alto?
"Sono sempre stato più alto di tutti, non sono cresciuto tutto in una volta, quindi non mi sono reso conto."
e' mai stato un complesso?
"L'altezza non è mai stata un problema. Anche perché gli amici a scuola volevano essere alti come me."
Però non deve essere facile baciare una ragazza da quell'altezza, a meno che non le trovi tutte su misura…
"Preferisco le ragazze alte, però un sistema per baciarsi che accontenti tutti si trova."
e' fidanzato? "No". In America è più facile trovare la ragazza giusta, almeno per la statura?
"Forse, ma preferisco le italiane, more e alte. Anche le americane sono belle e qui trovi donne di tutto il mondo."
Lei è molto giovane, ha già avuto una storia importante? "sì, a 18 anni". e' finita per colpa del basket?
"No, assolutamente, non credo che possa capitare. La pallacanestro non condiziona il resto."
Cos'è per lei la pallacanestro?
"é una cosa naturale, un gioco, un divertimento, lavoro e passione."
Da piccolo come ha fatto a resistere alla tentazione del calcio?
"Giocavo anche io con tutto il gruppo, mi piaceva stare in porta o in difesa. Attaccante? Per carità!."
Adesso però attacca, qual è il suo colpo preferito? "Il tiro da tre punti" e' tifoso di calcio?
"sì, sono milanista. Quando giocavo a Milano andavo spesso allo stadio. Dopo un inizio così così, adesso questo Milan lo vedo bene."
In Italia tanto calcio, in America tanto basket, cos'è meglio?
"Non preferisco né l'una né l'altra cosa. E l'Italia mi manca anche per la partitella a calcio con gli amici."
Di cos'altro ha nostalgia?
"Mi mancano i miei genitori, anche se si alternano molto e vanno e vengono dall'Italia. Mi mancano molto i miei migliori amici, mangiare fuori con loro; mi manca il mio ristorante preferito e le partite a carte."
Come si vive a New York?
"Bene, è una città bellissima, conosco tante persone e la comunità italiana è ampia."
Frequenta solo italiani? "Un po' e un po'". Vive da solo e si occupa di tutto, lavatrice, cucinare?
"Vivo da solo e faccio tutto, ma cucinare non mi piace, vado spesso fuori o mi faccio portare il mangiare a casa."
Mangia americano o italiano?
"Cerco di mangiare italiano, qui cucinano bene."
Qual è il suo piatto preferito? "Gnocchetti sardi al gorgonzola". Com'è il suo americano?
"Lo parlo bene, perché ho avuto bravi insegnanti a scuola e ho sempre giocato con gli americani."
La sua casa newyorkese era già ammobiliata?
"No era vuota, ha fatto tutto mia mamma, è lei l'esperta del campo."
Un sito, facebook, blog, se ne occupa personalmente?
"sì, è un modo per avere un contatto con le persone."
Anche con gli amici?
"No, gli amici li sento al telefono o ci vediamo con skype."
Insomma, usa la tecnologia?
"Mi piacciono il computer e l'I-Pod, e basta. Non amo giocare ai videogiochi, non ho la più pallida idea di come si usi la play station o la X-Box. Ci ho provato: quando ero bambino mi regalarono la play station 1, la usavo poco."
Quindi nessuna partita virtuale con gli amici?
"Con gli amici preferisco chiacchierare ."
Che musica ascolta?
"Hip hop, techno, ho duemila canzoni nell'I-Pod, c'è di tutto, anche Adriano Celentano, Fabri Fibra, Mondo Marcio, Max Pezzali"
Balla l'hip hop?
"Ho uno stile hip hop ma non lo so ballare. Però mi piace ballare e andare in discoteca."
Veste con il pantalone abbassato e le mutande in bella vista?
"No, non mostro l'elastico delle mutande ."
Slip o boxer? "Preferisco lo slip". Anche al mare?
"No, al mare metto i pantaloncini fino al ginocchio, con le mutande sotto"
Le piace andare al cinema?
"Mi piace guardare i film ma sono un pigro, non esco e li guardo a casa spesso sul pc, da solo, facevo così anche in Italia."
Quante volte ha visto Space Jam, il film con Michael Jordan e i Looney Tunes?
"Un bel po' di volte. Jordan è il mio idolo, quando ero piccolo papà mi regalava le sue cassette, lo guardavo e poi provavo a fare le stesse cose."
Lo ha conosciuto?
"sì, l'anno scorso… é stata una delle poche volte in vita mia in cui sono rimasto senza parole, letteralmente. Non mi usciva una frase, eppure avrei voluto chiedergli o dirgli mille cose. Gli ho stretto la mano e gli ho detto "
mi spiace, non so cosa dirti"". e' stato un incontro a sorpresa?
"sì, mi hanno portato nello spogliatoio di Charlotte, lui era il presidente di quella società, dicendomi che mi dovevano fare conoscere una persona."
e lui?
"Mi ha chiesto come stavo, allora avevo mal di schiena, mi disse "
abbi cura, mi piace come giochi"". Ora cosa gli chiederebbe?
"Avrei tantissime domande da fargli, lui ha tanto da insegnarmi."
Conosce la canzone di Mina "Vorrei la pelle nera"? Mina voleva la voce di una nera, ma lei ha mai pensato di voler essere un uomo di colore per avere più doti atletiche?
"Certe volte, quando salgono un po' prima di me, mi piacerebbe avere le loro doti, ma negli ultimi anni in America sono venuti a giocare molti europei che non hanno nulla da invidiare."
Nella realtà in cui vive c'è razzismo?
"Qui ci sono tante razze, ognuno vive la propria vita, non avverto problemi di razzismo. Io sono per il vivi e lascia vivere. Il pallone da pallacanestro unisce tante culture diverse."
Che rapporto ha con la sua famiglia?
"Bellissimo con tutti. Anche con il mio fratellino, che ha 11 anni. Quando torno a casa, prima di partire per una vacanza, sto dieci giorni con lui."
Si fa coccolare?
"Abbastanza. Mi piace stare la sera sul divano con loro a guardare la tv."
Col suo successo sta realizzando un sogno dei suoi genitori?
"Non so quali siano i sogni dei miei genitori. Mamma mi dice sempre che è contenta, che io sono il suo bravo bambino, educato e intelligente. Anche a scuola sono sempre andato bene, me la sono cavata."
Botte ne ha prese? Non deve essere facile per una mamma picchiare un figlio molto più grosso di lei…
"Ne ho prese un po' e mia madre non si è fatta mai problemi per l'altezza, lei è una dura."
a cosa non rinuncerebbe mai?
"a mio fratellino e alla mia famiglia."
Si considera più grande della sua età?
"Mi sento più grande e più maturo di un ragazzo che non ha avuto le esperienze che ho avuto io."
Che rapporto ha con i soldi?
"La mia famiglia mi ha insegnato come gestire i guadagni. Sono una persona responsabile e qualsiasi scelta è supportata da loro."
Qual è la sua paura più grande?
"Fare il bagno al largo dove l'acqua è blu."
La vacanza preferita?
"Al mare. Mi piace viaggiare con gli amici, quindi ogni estate un posto diverso ."
Cosa non le piace nelle persone?
"Non mi piacciono quelli che raccontano balle."
e' bello essere un personaggio riconosciuto?
"Mi fa piacere, se non si parlasse di me vuol dire che non sto facendo bene."
Si ritiene un ragazzo disponibile?
"sì, i miei amici dicono anche troppo, però mi piace parlare con tutti."
Legge libri, giornali?
"a periodi. Leggo tanto o non leggo niente."
Legge il nostro giornale? "Yes… sono preparatissimo". Che sogni fa?
"Non me li ricordo. Appena vado a letto penso alla pallacanestro, all'allenamento e poi dimentico tutto…."
Come accade a tutti i campioni che attraversano trasversalmente lo sport, anche Manny Pacquiao dovrà fare i conti con il passato. Ha messo ko Daniel Cotto, lo ha travolto sotto una serie infinita di colpi (
" Ero tutto gonfio e non capivo più da dove arrivassero quei pugni. Non avevo mai affrontato uno così forte "
, ha detto il portoricano) ed ha conquistato anche il mondiale dei welter. Il settimo titolo in sette diferrenti categorie di peso. e qui il discorso si fa più complicato. Pacquiao è un fenomeno del ring. Ha messo via gente come Barrera, Morales, Marquez, De La Hoya, Hatton e ora Cotto. Qualcuno obietta però sullo spessore di due dei suoi sette titoli. Ha centrato quello dei piuma con l'approvazione della mitica rivista " The Ring". Ma quella corona l'ha vinta battendo un eroe del quadrato come Marco Antonio Barrera. Stesso filone per il secondo punto interrogativo. Il titolo dei superleggeri l'ha preso con l'avallo dell'Ibo, sigla decisamente minore. Ma quella notte ha messo ko in due round Ricky Hatton. Non staremo tanto a tirar su cavilli sui marchi che gestiscono i mondiali. Pacquiao è forte fisicamente anche da welter, nonostante la sua scalata sia partita dai pesi mosca. É capace di mettere giù il rivale con un solo colpo. Ora come quasi quindici chili fa. É veloce, dotato di grande tecnica. Mancino, capace di sparare ganci e montanti terrificanti. Ed ha lo spirito giusto per chiudere ogni sfida.
" Mi sentivo una tigre feroce che voleva sbranare il nemico ."
Non sono parole buttate lì per caso. Basta vederlo in azione per capire quanto ci sia di vero in quella frase. i conti con il passato li ha aperti Bob Arum, uno dei più grandi organizzatori nella storia della boxe.
" é il miglior pugile che io abbia mai visto ."
E Muhammad Ali, Marvin Hagler o i grandi di qualche anno fa come Ray Sugar Robinson e Joe Louis? Abbiamo sempre pensato che fare i paragoni col passato sia un'impresa improba. Meglio restare ai tempi nostri. E lì i dubbi scompaiono ve- loci come i colpi di Manny. Nessuno è forte come lui. Sportivo di talento, personaggio di livello assoluto. Nelle Filippine è un vero eroe, durante i suoi combattimenti nell'arcipelago cala addirittura il tasso di criminalità. Migliaia in piazza fino all'alba per festeggiare la vittoria. Da bambino vendeva sigarette in strada, ora è ricco, molto ricco: ha guadagnato 25 milioni di dollari per il match con De La Hoya, 12 per quello con Hatton, 13 per quello di sabato notte. Solo per resare agli ultimi tre. Da ragazzo frequentava le vie di General Santos City, nel sud delle Filippine. Lì dove ogni giorno si muore nella battaglia tra i separatisti islamici ed il governo. É entrato in politica, ha fondato un partito (" People Champ's Movement", con cui si presenterà alle prossime elezioni). Fa pubblicità a detergenti, medicinali, cibo, telecomunicazioni. E' attore e cantante. Su di lui sono stati scritti due libri e girato un film. Presenta uno show televisivo e tiene una rubrica sul più popolare quotidiano delle filippine. "Time" gli ha dedicato la copertina dell'edizione asiatica. Ricco e famoso, ma non per questo si dimentica della sua gente. Lo scorso settembre mentre stava preparando il match con Cotto, ha interrotto gli allenamenti per tornare nel suo Paese sconvolto da un tifone. Si è dato molto da fare nei soccorsi, è andato in giro a distribuire medicinali e cibo, ha pagato i funerali della gente più povera, ha offerto i suoi soldi per comprare generi di prima necessità. La sua storia di pugile è cominciata a 14 anni, quando ha deciso che quella avrebbe potuto essere la sua strada. Il papà, per punirlo per la sua ennesima bravata, aveva catturato, ucciso, cucinato e mangiato il cagnolino a cui il bambino era molto affezionato. Divorato dalla rabbia, Manny era entrato in una palestra e aveva così cominciato la grande avventura. Ha una moglie, Jinkee, e quattro figli. Tutti i loro nomi se li è fatti tatuare sul braccio sinistro. "Pacman" è fatto così. Sabato notte ha travolto Cotto. La moglie ed il figlio del portoricano imploravano l' arbitro Kenny Bayless di chiudere quella sfida ormai divenuta impari. Non ascoltati, scappavano piangendo nello spogliatoio. La resa avveniva solo all'ultima ripresa. Un altro ko nel carniere, avanti con la prossima sfida. Inevitabile. Roger Mayweather jr è l' unico che potrebbe creargli dei problemi. "Pacman" sorride e avverte la banca, sono in arriva altri bei dollaroni.