In realtà sono i primi a sapere che non è così. Soprattutto quando sono alle prese con giocatori che ne valgono tre. Come, per esempio, nel caso di Daniele De Rossi. Crediamo che sia rimasta negli occhi di tutti, anche di Gasperini e Preziosi, la discesa palla al piede del biondo di Ostia, da un capo all'altro del campo come se gli altri non esistessero e poi quel pallone per Vucinic che era poesia pura.
Basterebbe quell'azione per capire che non stiamo esagerando nel dire che De Rossi è uno che ne vale tre.
Ovvero difensore aggiunto davanti alla difesa, centrocampista d'interdizione e centrocampista offensivo, quasi un numero dieci, e sappiamo con certezza che il capitano non se la prenderà a male, perché come definirlo ripensando a quel dolce destro finito giusto giusto sul sinistro al volo di Vucinic?
In pochi anni, De Rossi è entrato di diritto tra i migliori giocatori al mondo. Proprio per questa sua unica capacità di essere più giocatori pur avendo ovviamente due piedi come tutti gli altri.
Forse potrà sembrare azzardato a qualcuno, ma oggi come oggi non può certo rappresentare un delitto dire che De Rossi è il centrocampista (e non solo) migliore al mondo.
Fisico, testa, piedi, personalità, carisma, pure senso del gol figlio degli inizi da centravanti, per un giocatore che, oltretutto, per non farlo giocare bisogna chiamare i carabinieri, non a caso nella passata stagione è stato il calciatore che ha giocato più di qualsiasi altro.
Copre tutto il campo con una saggezza tattica che alla sua età hanno avuto solo i grandi. Capace di dare solidità alla difesa trasformandosi, con palla agli avversari, in una sorta di terzo centrale difensivo, in grado anche soltanto con la posizione di impedire o perlomeno rallentare le azioni della squadra avversaria, una garanzia pure sui palloni alti, una capacità d'interdizione straordinaria che, peraltro, in questi ultimi anni ha decisamente migliorato evitando esagerazioni che in passato lo avevano costretto a fermarsi per squalifica.
E poi, appena la Roma entra in possesso della palla, nasce il secondo De Rossi, il regista della squadra, il metronomo del gioco, il centrocampista che capisce dove e come giocare, bravo nel fraseggio corto, così come, se è il caso, di scegliere il lancio lungo, con due piedi che usa come i grandi campioni, senza fare troppe differenze.
E, se proprio non bastasse, c'è anche un terzo De Rossi, quello capace di mettere un compagno in condizioni di fare gol, come è successo domenica scorsa contro il Genoa, in grado di trasformare un'azione normale in una giocata da mettere nelle sigle di qualsiasi trasmissione calcistica.
Il tutto quando ha ancora soltanto venticinque anni, ne compirà ventisei il prossimo luglio, quindi con margini di miglioramento quasi naturali, al punto che uno potrebbe pure domandarsi, ma che giocatore sarà tra qualche anno? Una risposta già si può dare, comunque: un giocatore che lascerà il segno nel calcio italiano, un giocatore totale, un giocatore del terzo millennio.
Unico. Anzi tre.
di Piero Torri
Corriere dello Sport Domenica 1° Marzo 2009
Corriere dello Sport Domenica 1° Marzo 2009