"Ma mi è servito perché ho imparato la lingua e il calcio italiano."Julio Cesar Soares de Espindola a quasi trent'anni (li compirà agli inizi di settembre) è l'uomo della Provvidenza nerazzurra.
Perché se l'Inter in Champions è ancora in corsa lo deve a lui. Lo ha ammesso anche José Mourinho alla fine della sfida con il Manchester United:
"Ha fatto tre straordinarie parate". Lui ha ringraziato sorridendo, alla sua maniera, cioè umilmente: "Ora posso andare a casa sereno". Perché la sua filosofia di vita e professionale è semplice:
"Mi piace che il mio lavoro venga riconosciuto da tutti, non solo dai miei tifosi ."Punto di riferimento dell'Inter, punto di riferimento della nazionale brasiliana con la quale ha fissato il nuovo record di imbattibilità strappandolo a Taffarel cioè a una icona del ruolo nel suo paese, un campione del mondo.
Lui quella Coppa vorrebbe alzarla in Sud Africa. Un giovane collega, l'argentino del Napoli Navarro, lo ha già messo al vertice dell'Olimpo, al posto di Gigi Buffon:
"In Italia il più forte è Julio Cesar."Ma il Mondiale è una investitura. E sarebbe una investitura ancora più gradita se arrivasse al termine di una fase di qualificazione particolarmente complessa e polemica.
Solo sino a qualche mese fa lui e i suoi colleghi erano sulla graticola, cotti a fuoco non proprio lento persino dal presidente, Lula, che senza giri di parola disse di preferire ai suoi connazionali l'argentino Messi.
Julio Cesar si sentì ferito e tradito:
"Io che oltretutto ho votato per lui ci sono rimasto male. Preferisce Messi? Allora si trasferisca in Argentina ". Si pentì. Ma non troppo:
"Voglio chiedere pubblicamente scusa al nostro Presidente della Repubblica però sarebbe un'ottima iniziativa se anche lui le facesse a noi."L'uomo è diretto, schietto, esattamente come il ruolo che ricopre in campo: lì, tra i pali, gli errori si vedono sempre, anzi a volte si finisce per essere il capro espiatorio per gli errori degli altri.
Ma lui non rincorre gli alibi, non si nasconde. Non dimentica e non rinnega.
"Se sono arrivato a questi livelli lo devo anche a Roberto Mancini "ha spiegato spesso. E ancora:
"Se sono quello che sono lo devo al cinquanta- sessanta per cento a mia moglie. Quando mi ha conosciuto ha lasciato tutto, mi ha seguito, eppure in Brasile aveva un lavoro, era una persona conosciuta. Qualche volta mi chiedo: "Avrei fatto per lei la stessa cosa?"" . La moglie, Ronaldinha, ha avuto un ruolo attivo nel suo trasferimento in Italia. Doveva andare al Porto, poi arrivò l'Inter:
"Chiamai mio padre e gli dissi di fermare tutto. Volevo venire in Italia "Con l'Inter rimarrà almeno sino al 2012 ma lui spera di chiudere la carriera con questa maglia. E vincendo quella Champions che ancora gli manca. In fondo, basta "tornare a casa sereni " , esattamente come martedì sera. Mourinho ha detto di lui
"Ha fatto tre straordinarie parate"e il brasiliano ha ringraziato così: "Posso andare a casa contento"
"Mi piace che il mio lavoro venga riconosciuto da tutti non solo dai miei tifosi.
Se sono arrivato a questi livelli lo devo anche a Mancini"
di Antonio Maglie
Corriere dello Sport Lunedì 2 Marzo 2009
Corriere dello Sport Lunedì 2 Marzo 2009