sabato 14 febbraio 2009

Rino Gattuso

Domenica sera non ci sarà, ma anche la sola presenza a bordo campo darà la giusta carica ai compagni di squadra.
Per Rino Gattuso il derby è vita, la madre di tutte le partite: è il primo a sostenerlo.
Nell'intervista rilasciata a "i Signori del calcio", parte raccontando la sua prima stracittadina quella del litigio con Ronaldo...
E ammette:
"'Fu un atteggiamento inopportuno da parte mia che vorrei cancellare dalla mia carriera.
Ronaldo, saltando, colpì involontariamente Ayala alla testa e io andai a muso duro a dirgli di non tirare gomitate.
Non fu una bella cosa da parte mia."
la Lumaca - Un Gattuso a tutto tondo che rivela l'incredibile.
Come quella volta che ha mangiato per scommessa una lumaca viva.
"i miei compagni erano pronti a scommettere 500 euro a testa sul fatto che non avessi il coraggio di mangiarla – racconta -.
Eravamo in 24: io dissi che mangiavo la lumaca, ma che loro dovevano dare i soldi ai quattro preparatori.
Alla fine la lumaca l'ho mangiata e non sono mica morto! Certo, c'è chi se le mangia perché ha fame! Se ti offrissero 25mila euro in contanti tu non te la mangeresti? Sì, e allora non c'è da scandalizzarsi."
E il Gattuso bambino?
"Ero molto vivace e non amavo le regole.
A scuola, avevo poca voglia di studiare.
Poi, negli anni, ho capito che avevo torto, perché nella vita è importante rispettare le regole, altrimenti ognuno fa quello che vuole."
Perugia - Quindi la prima esperienza a Perugia.
Che storia.
"In quel periodo Gaucci investì molti soldi sulla prima squadra e anche sul settore giovanile.
Cominciò a visionare tantissimi ragazzi e ci fu quest'occasione.
Lì ho vinto il campionato Primavera.
Poi, a 17 anni, ho esordito in b contro il Palermo.
Ricordo che mi mangiai un gol a porta vuota e Galeone a fine gara mi massacrò; mi disse di tutto, che avevo dei piedi pessimi.
L'anno dopo passammo in a e il 23 dicembre feci a Bologna il mio esordio."
Ancora adesso si stropiccia gli occhi:
"Avevo realizzato il sogno della mia vita, quello di giocare in serie a, ma sapevo che avrei dovuto lavorare ancora tanto.
Lì feci amicizia con Materazzi? Lui faceva parte della prima squadra, ma il primo anno giocava poco e veniva sempre con noi in Primavera.
È nato un grande rapporto perché nei momenti di difficoltà, mi ha aiutato molto."
Glasgow - Poi ricorda l'esperienza scozzese:
"Dove storpiavano a piacere il mio nome.
Potevano chiamarmi come volevano, ero andato là prima di tutto per soldi, è inutile negarlo.
Mi offrirono quattro anni di contratto a cifre importanti, non potevo dire di no.
Durante quell'esperienza, ho capito che lì sarei potuto crescere più che a Perugia e che potevo diventare forte.
Nello spogliatoio dei Rangers c'era da tenere testa a Paul Gascoigne...
Non è stato facile, era uno dei pochi che parlava italiano e quindi ero obbligato ad avere dei rapporti con lui.
A volte me ne ha combinate di pesanti, ma lo porto dentro di me con tanta gioia.
Lui si divertiva, io meno, però va bene così.
Il primo giorno di allenamento aveva fatto un suo bisogno in un mio calzino.
E non è stato uno scherzo bello.
Ma mi vendicai.
Il giorno dopo un derby vinto arrivò al campo mezzo brillo, andò in sauna e io bloccai la porta.
Lui non se ne accorse nemmeno."
Ecco il Milan - Dopo i Rangers la Salernitana e infine il Milan.
"Non subito, perché la Salernitana mi aveva già promesso alla Roma.
Poi, Sensi chiamò il presidente della Salernitana per parlare con me e dirmi "Benvenuto nella nostra famiglia!".
Io non sapevo niente di questo, perché sapevo di dover andare al Milan.
Mio padre, poi, convinse il presidente Aliberti dicendogli che volevo andare al Milan perché la mia era sempre stata una famiglia di milanisti e quindi avevo scelto il Milan.
Il presidente Sensi come la prese? Due anni dopo, ci incontrammo a Roma e mi fece una battuta. Mi disse che avevo preferito la nebbia di Milano al sole di Roma."
i Trionfi - Poi le vittorie del 2002-03: Coppa Italia, Champions League, Supercoppa europea.
"Fu una gioia incredibile vincere la Champions contro la Juventus.
È indescrivibile quello che ho provato. Avevo sempre sognato di vincere la Champions, ed è stata una liberazione. Di quella notte ricordo tutto, ringraziai i miei genitori per avermi fatto crescere, per avermi dato la possibilità di giocare a calcio, la dedicai a loro. Per la prima volta mi sono sentito realizzato nella mia vita."
Addio? - Poi Istanbul e l'idea di lasciare il Milan:
"Mi sentivo troppo responsabile per quella sconfitta perché sentivo di non essere stato all'altezza di quella finale. Avevo pensato che forse era giusto cambiare aria.
Ho sentito tutte le colpe su di me, non mi sentivo bene con me stesso e non riuscivo più ad allenarmi con l'entusiasmo degli anni passati".
E ammette che furono Galliani e Ancelotti a fargli cambiare idea.
la Vendetta - Nel 2006-07 la vendetta di Atene, la Supercoppa europea, il Mondiale per club.
L'anno migliore?
"Non so se è stato l'anno migliore. i primi cinque mesi non giocavamo bene ed eravamo sempre in affanno. Si diceva che chi aveva vinto la Coppa del Mondo non aveva più grinta. Poi, dopo Malta, la squadra ha cominciato a giocare in modo incredibile. Forse gli anni migliori sono stati quello della Champions del 2003 e il 2004, quando abbiamo perso a La Coruna. In quegli anni, andavamo in Europa e vincevamo contro tutti."
il Bayern - Però l'anno scorso Gattuso stava per lasciare il Milan davvero.
"Volevo lasciare il Milan perché credevo di aver dato tutto a questa società. Mi sentivo vuoto.
Avevo preso questa decisione da solo, contro la mia famiglia, però non avevo fatto i conti con Galliani e Ancelotti. È stato il giorno più lungo della mia vita: sono andato alle 9.30 di mattina in via Turati, sono uscito alle 2 del pomeriggio e poi ancora a parlare dalle 4 fino a sera. Mi hanno fatto capire cosa significa il Milan per me e io per il Milan. Forse avevo bisogno di sentirmelo dire, sentivo l'amarezza per aver disputato una stagione al di sotto delle mie potenzialità, non avevo più l'entusiasmo."
Disse di no al Bayern Monaco e rinunciò a un sacco di soldi.
Taxi Driver - Tra le mille domande una ha un significato fondamentale: il riassunto di Germania 2006 fu la conferenza stampa immediatamente prima della semifinale con i padroni di casa in cui disse "Mo me lo magno il cartellino?" poiché era diffidato e averebbe rischiato di saltare un'eventuale finale.
"Quella frase ha fatto capire la mia voglia perché non vedevo l'ora di giocare quella partita. È stato un esame con me stesso. Prima dell'inizio della partita, sembravo De Niro in Taxi Driver: parlavo da solo davanti allo specchio e mi autoraccomandavo di non farmi ammonire. Lì ho capito di essere cresciuto".
Gazzetta dello Sport Sabato 14 Febbraio 2009

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