sabato 27 dicembre 2008

Del Piero un 2008 straordinario

Del Piero, per lei si chiude un anno straordinario fatto di successi personali e di riscossa juventina, di grandi colpi e di una popolarità forse mai così riconosciuta.
Partiamo dal suo inchino al pubblico del Bernabeu che l'applaude, in piedi, mentre lascia il campo contro il Real Madrid?
"sì. Quella è la fotografia del mio 2008, l'episodio più emozionante e significativo, la risposta a una partita eccezionale.
E siccome è un omaggio che hanno riservato a pochi e grandissimi calciatori me lo terrò stretto per tutta la vita."
Negli ultimi anni le era un po' mancato un riconoscimento internazionale.
"Questo è un significato che si è voluto dare in Italia. Ma la realtà non è questa. L'applauso del "Bernabeu" non doveva ricompensarmi di nulla."
Dopo 15 anni in cui l'hanno amata soltanto gli juventini, all'improvviso piace quasi a tutti. Cosa è successo?
"Credo che si sia visto l'impegno e anche l'amore che ho dimostrato nei momenti difficili e in certe scelte.
Questo non paga subito ma con il tempo la gente mi ha apprezzato e mi hanno aiutato anche questi anni magnifici: due volte capocannoniere, certi gol che accendono la fantasia."
Ad esempio il "serial" delle punizioni?
"Appunto. Quando in tanti pensano "questa volta non ce la fa" e tu ce la fai di nuovo hai risposto a un'attesa e fai colpo."
Perché segna di più in una Juve che vale meno di altre nel passato?
"Non lo so. Più o meno il gioco è lo stesso e il mio ruolo è quello, da seconda punta. Anzi a volte mi allontano più di prima dalla porta. Evidentemente gli anni affinano. Ognuno che passa sono centinaia di colpi in più che ho provato in allenamento e studiato al video."
Al video?
"Uno dei segreti di un calciatore moderno è sfruttare le immagini: è il vantaggio che abbiamo sugli attaccanti di una volta."
Quanto tempo vi dedica?
"Non molto ma con qualità. Ho i giorni fissi in cui mi chiudo per qualche ora in casa e guardo i filmati dell'avversario. Di solito il venerdì e il sabato, se gioco la domenica. E studio anche le partite della Juve per ripassare i movimenti. Nello scorso campionato ho fatto 4 o 5 gol sempre con lo stesso schema sul passaggio di Zanetti: due con la Roma, a Bergamo, a Livorno."
Probabilmente lo faceva anche prima ma i risultati non erano così straordinari. Cosa c'è di più adesso?
"In questi ultimi anni sono riuscito a stare bene fisicamente. Ho seguito una preparazione specifica e ho raggiunto una continuità, non ci sono stati gli alti e bassi di forma e di salute."
Non è che aveva ragione Capello, a dire che la faceva giocare poco per allungarle la carriera?
"Qualcuno lo pensa. Ma qualcun altro può obiettare che se sto così a 34 anni, giocando molto, figurarsi cosa potevo fare quando ne avevo quattro di meno."
Le rimane qualche ruggine di quel periodo?
"Ho rimosso tutto. Le cose viaggiano a modo loro, l'importante è che alla fine si sistemino."
Non ritirarsi a una certa età è la sindrome di Peter Pan, il non voler diventare adulti?
"Se esiste questa sindrome io non ne soffro: sono convinto che non essere più calciatore sarà diverso però non ne ho paura.
Verrà il momento di smettere anche per me ma non è oggi."
Cobolli Gigli disse che le lasciava la presidenza della Juve poi ha svelato che lei vuol fare l'allenatore.
Qual è la verità?
"Non credo che abbia detto proprio così. Non so che farò, non ci penso. Lei non mi vedrebbe ad allenare?."
Non le ho mai sentito alzare la voce.
"Lo faccio poco, per esperienza non credo che alzando la voce un allenatore si faccia ascoltare di più.
Deve farlo soltanto quando serve davvero."
a tirarla troppo in lungo non c'è il rischio di finire come Maldini, un fuoriclasse che oggi è coinvolto nelle critiche?
"Anche se Maldini avesse giocato gli ultimi tre anni a un livello non altissimo, non dimenticherei mai tutto quello che ha fatto.
Le grandi carriere non si rovinano e anche oggi io di Maldini, quando è in campo, mi fido."
Il Mondiale non poteva chiudere tutto in gloria?
"Sarebbe stata una bella occasione per ritirarsi, cosa avrei potuto vincere di più? Ma si smette per altre ragioni: quando non c'è più il piacere di stare in squadra o la condivisione di un progetto.
Se il metro di tutto fosse una vittoria c'è chi non dovrebbe neppure cominciare con il pallone."
e la Nazionale?
"é una porta che spero sia ancora aperta fino al 2010 ma di cui adesso è meglio non parlare."
Soltanto l'Inter davanti alla Juve. É una situazione definitiva?
"Non la penso così. Il Milan ad esempio ha subito come noi i momenti negativi degli infortuni ma è sempre in corsa."
Volevamo sapere se è definitivo che l'Inter starà davanti.
"L'Inter, rispetto a noi e al Milan, ha avuto un vantaggio: ha cambiato lo staff tecnico ma in fondo è rimasta la squadra che era negli anni scorsi con Mancini."
Ed è l'unica squadra che si è dimostrata superiore alla Juve.
"In quella partita che abbiamo perso a San Siro lo è stata."
Mancini dice che la forza dell'Inter è nella sicurezza di giocatori che hanno imparato a vincere. Un po' come succedeva alla vecchia Juve. É d'accordo?
"La fame di vittorie è un aspetto importante, non so se loro l'avvertono come capitava a noi e non mi interessa.
Se alla Juve ci occupiamo troppo dell'Inter perdiamo di vista noi stessi."
Quando voi vincevate dall'Inter arrivavano frecce avvelenate. Oggi vince l'Inter e la Juve tace. Vi hanno vietato le frecce?
"La società ha fatto una scelta molto precisa: non si parla di arbitri, non si montano polemiche. Vedo che c'è chi si lamenta come una volta ma per noi è così."
Ibrahimovic era meno decisivo nella Juve?
"Ha fatto bene anche con noi ed è cresciuto."
L'ha più sentito?
"No, come altri che sono passati di qui. Credo però che ci sia il rispetto allora come adesso."
C'è un giocatore del suo passato con cui vorrebbe giocare ancora? "Sicuramente Zidane". e chi le manca fuori dal campo?
"Per dirne uno, Di Livio. Ci eravamo conosciuti al Padova, dividevamo la camera. Per me è stato un punto di riferimento e insieme ci siamo divertiti molto."
Era anche l'epoca in cui l'Avvocato la definì Pinturicchio. A distanza di tempo, la chiamerebbe ancora così?
"Dovetti consultare l'enciclopedia per sapere chi fosse quel pittore ma l'anno scorso ho visto un suo quadro ad una mostra.
Era un quadretto e costava un milione e mezzo di euro. Non è poco."
Gli ultimi due anni sono stati complessi. Non ha mai temuto che la struttura della nuova Juve fosse inadeguata al rilancio?
"Senza la fiducia nelle capacità di lavoro degli altri non ti esprimi al massimo e non avevo dubbi che saremmo arrivati a questo punto e in questi tempi."
La Juve è un po' differente da come l'avevano pensata. Certi infortuni hanno ripescato Chiellini e Legrottaglie, che dovevano andarsene, oggi c'è un centrocampo diverso da come prospettava l'acquisto di Poulsen.
Insomma quando incide la casualità?
"Non si può pianificare tutto, ci sta che un progetto subisca delle variazioni in corsa e servono intelligenza e prontezza per adottarle.
Mi sembra un merito averlo fatto."
Paradossalmente l'equilibrio della Juve è venuto dalle assenze. Cosa succederà al ritorno di Trezeguet?
"Non disequilibrerà la squadra, è sempre successo di avere tre o quattro uomini in alternativa e non solo in attacco.
Riceveremo una spinta in più dal carattere e dalla voglia di chi ha dovuto stare fermo. Al ritorno in campo di David avremo così tanti impegni, compresa la Coppa Italia, che servirà il contributo di tutti."
La Coppa Italia è un dettaglio. La Champions è sempre il sogno?
"sì, da avvicinare a piccoli passi. Il primo è il Chelsea, molto rischioso. Però preferisco un avversario che con il suo prestigio ti obbliga a una concentrazione feroce piuttosto che incontrare lo Sporting Lisbona, che molti attorno a noi avrebbero trattato con sufficienza, quindi nel modo sbagliato."
L'impressione è che lei, come Buffon, Nedved, Camoranesi, dopo la scelta di restare in serie b vi sentiate un po' comproprietari della Juve.
É così?
"Possiedo qualche azione ma non basta per entrare nella stanza dei bottoni. Comunque quello che è accaduto ci ha avvicinato di più al mondo della Juve, ce ne sentiamo una parte."
Insomma non entrate mai nelle decisioni?
"Magari ci viene chiesto un parere, una riflessione. Succedeva anche prima. Qualche volta."
Giovinco è sincero o ruffiano quando dice che sta imparando tutto da lei?
"Non ha nessun motivo di essere ruffiano. Tra cinque anni io non ci sarò più e Giovinco sarà al mio posto: il futuro è suo come di Marchisio e De Ceglie."
i vecchi però tendono a difendere le posizioni sul lavoro. Non è che pure lei sega un po' le gambe a chi ambisce al suo posto?
"Non sono perfetto. Rosico, provo invidia. Come tutti. Tuttavia succede per altre cose della vita, questa invece è una guerra che non mi interessa. Anzi se i giovani, guardandomi, possono crescere ne sono contento. Non sono il tipo che si mette a insegnare un gesto o un colpo, come ho letto che faceva Maradona con Zola.
Però in campo parlo e consiglio. Basta ascoltarmi."
Lei è il calciatore italiano più richiesto dai pubblicitari, insieme a Gattuso. Non è strano che accada a uno che ha fatto della privacy la sua regola di vita?
"Le pubblicità le ho sempre fatte, adesso succede di più perché un conto è il personaggio di 20 anni con 3 vittorie alle spalle e un altro avere come biglietto da visita una carriera.
Mi diverto, entro nello spirito delle aziende per cui lavoro. E mi diverto anche quando mi chiamano alle "Iene" o a "Paperissima": sono il tipo che scherza, mi piace ridere.
Se ho steso sempre un velo sulla mia vita privata e non ho una moglie o una fidanzata che ha fatto la velina, non mi sembra un problema nè un impedimento."
Ma il modello del futuro non è Beckham?
"No, lui è l'eccezione. Nella sua vita sono successe molte cose, a cominciare dal matrimonio con una ragazza che stava nello spettacolo ad alto livello, che lo hanno esposto al gossip fuori dal calcio e ne hanno fatto il personaggio che è.
Ma non c'è qualcun altro come Beckham, che tralaltro è un ragazzo fantastico sotto l'aspetto emotivo e dell'impegno sul lavoro."
Soldi. Popolarità. Ma com'è che si scoprono tanti calciatori sull'orlo della depressione?
"é un mondo competitivo e per noi lo è su due livelli: c'è la competizione per emergere o mantenersi nel calcio e c'è quella che la vita di tutti i giorni ti porta ad affrontare.
Ti porti dentro tante cose e non sempre le puoi esprimere anche perché non sempre hai vicino le persone di cui fidarti.
Succede così."
e' un discorso che l'uomo della strada accetta con difficoltà.
"Perché il denaro sembra la misura di tutto e non è sempre così. Quando mio padre si ammalò, avevo i soldi e le conoscenze per chiamare i migliori medici del mondo ma non c'era niente da fare.
Anche se mi chiamavo Del Piero, ero un uomo impotente."
La Stampa
Mercoledì 24 Dicembre 2008

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