mercoledì 21 gennaio 2009

Lewis Hamilton Campione di F1

Un' intervista a Lewis Hamilton nell'anno dell'esordio, per ricordarci che l'inglese ha vinto il titolo solo al suo secondo anno in Formula 1.

L'inglese di colore Lewis Hamilton, 3 podi nelle prime 3 gare di Formula 1 a soli 22 anni è già bravissimo, e non soltanto al volante. Anche come uomo è perfetto: gentile, onesto, il vero bravo ragazzo. Speriamo che soldi e celebrità non lo guastino.
Non è vero che il ventiduenne Lewis Hamilton è il primo pilota di colore della Formula 1: negli anni '50 gareggiava il principe Bira (siamese, si diceva allora, non thailandese), l'anno scorso gareggiava l'indiano Karthikejan, non dei bianchi anche se non dei neri.

D'altronde Hamilton è "afro" nei tratti somatici più che nella pelle, che non è scura, al massimo è caffè allungato con molto latte.
Comunque, si deve tifare perché arrivi il tempo in cui queste stupidaggini cromatiche non abbiano più nessun rilievo, anche se, lo dice lo stesso Hamilton,
"una certa curiosità aiuta a trovare gli sponsor e soprattutto ad aprire ad altri di colore una strada come la mia."
Lewis Hamilton ha conquistato tre podi – in Australia, in Malesia, nel Bahrein: terzo, secondo e secondo – nelle prime tre gare disputate in Formula 1.
Mai accaduto prima. Non è il più giovane a salire sul podio all'esordio, lo batte il suo compagno di McLaren Fernando Alonso, spagnolo, campione del mondo in carica: per lui 21 anni e 237 giorni, per Hamilton 22 anni e 70 giorni.
Ma verrà presto il tempo in cui questi giochetti statistici non conteranno niente, sommersi da altri dati, da altre cifre che diranno delle vittorie del Nostro.
È il pronostico di Lauda, di Mansell, anche di Rosberg junior e Piquet junior, due figli di campioni del mondo strapazzati da Hamilton nelle formule minori.
Hamilton è nato a Tevin, Hertfordshire, Inghilterra; lo chiamano Lewis ma per l'anagrafe è Carl Lewis: papà Anthony era tifosissimo dello sprinter statunitense, e gli "dedicò" il figlio.
Il padre è nato in Inghilterra da genitori caraibici. Ha sposato un'inglese, è separato, è stato ferroviere, ora è programmatore di computer; ha lavorato durissimo per tenere con sé Lewis e Nicholas, il fratello minore (che ha dalla nascita problemi seri di deambulazione), per far gareggiare Lewis, per farlo studiare da campione in quella grande scuola che è il motorismo inglese da competizione.
Anthony e Nicholas seguono Lewis nei Gran Premi; a Melbourne il padre quasi veniva alle mani con il giornalista di un tabloid inglese che aveva pubblicato la foto del figlio con accanto un'australiana invadente: perché Lewis è fidanzato con Jodia Ma, cinese di Hong Kong, gelosona.
Anthony, che stava davanti al video quando venne annunciato che la McLaren aveva ingaggiato il figlio, balzò in piedi felice e si stirò un polpaccio.
Il contratto di Hamilton con la McLaren-Mercedes è di 750.000 dollari l'anno più 250.000 per ogni gara vinta.
Una miseria, lì dove scorrono certe cifre: ma il patron Ron Dennis provvederà a indorare il ragazzo, che ha blindato quando il moccioso aveva appena 13 anni.
Il rischio? È tutto un po' troppo Dennis lo aveva conosciuto a una premiazione per bambini bravi nel go-kart, quando Lewis, anni 10, anziché chiedergli un autografo gli aveva chiesto quando poteva correre per la McLaren.
Sembra una fiaba, invece è tutto vero. Lewis ha gareggiato vincendo su un'automobilina elettrica per un programma televisivo quando aveva sei anni, da allora tutto un crescendo.
Ha vinto il vincibile nelle categorie minori:
"Come nei videogame, devi farcela con i giochi facili per passare ai più difficili."
Lewis è così perfetto che sembra finto: amico di tutti, leale, coraggioso ma non spavaldo, bravo ragazzo perché è giusto e doveroso esserlo.
Diventerà presto molto celebre e sarà, speriamo, la dannazione degli adepti del gossip. Il rischio che corre è quello dell'oleografia. Troppo esemplare, troppo perfetto. Un'amorevole attenzione costante a Nicholas, il fratello sfortunato. Una devozione per il padre. La disponibilità al sorriso, il rifiuto di ogni alibi:
"Dicono che alla terza gara ho buttato via la vittoria rispettando troppo certi ordini di scuderia.
Io so che non è vero, e sono perfettamente sereno."
Non sembrava possibile nella Formula 1 disumanizzata e disumanizzante, con le macchine intese come vetture ma pure come congegni elettronici che dai box robottizzano il pilota, l'avvento di un campione così semplice, così facile da leggere.
Ovviamente anche per lui ci sarà l'impatto del denaro, della gloria, della popolarità, ci sarà l'assalto della mondanità, della pubblicità.
E del gotha dei piloti, che mica potrà digerirlo facilmente. E del giornalismo popolare – tristemente famoso quello inglese –, che non gli lascerà passare nemmeno uno starnuto.
Dopo le prime tre gare della stagione ha avuto, senza mai vincere, più spazio mediatico di tutti i draghi della Formula 1 messi insieme.
È stato anche coinvolto col ferrarista Massa in una discussione di lana caprina, un sorpasso mancato, ma quando i giornalisti già aspettavano che fra i due scoppiasse la rissa, Lewis e Felipe se ne sono andati, uno la mano sulla spalla dell'altro.
Gian Paolo Ormezzano

Nessun commento: