venerdì 9 gennaio 2009

Amauri Italia o Brasile?

Amauri, vogliamo chiarire con che nazionale giocherà: Italia o Brasile?
"Chiarisco volentieri, anche perché di me parlano persone che non sanno cosa dicono.
Tutto questo mi dà fastidio, sembra che voglia mettermi all'asta tra Dunga e Lippi.
Siccome non è così, questa è l'ultima volta che affronto l'argomento: non aprirò più bocca fin quando non mi arriverà una convocazione ufficiale, da una parte o dall'altra.
Ammesso che arrivi."
e se arriverà?
"a quel punto, darò la mia risposta. Che potrebbe anche essere negativa."
Direbbe di no al Brasile o all'Italia?
"Ci può stare.
Sono arrivato fino alla Juventus con le mia gambe, da perfetto sconosciuto: significa che non ho bisogno della nazionale."
Pensa che Dunga possa convocarla per fare un dispetto a Lippi?
"Può anche darsi. Di sicuro su di lui c'è molta pressione.
Se avesse un grande centravanti, di me non si parlerebbe."
Non ce l'ha?
"Da bambino, il mio idolo era Romario.
Adesso ce ne sono altri e io vengo dopo: loro hanno giocato in tutte le nazionale giovanili, è giusto che abbiano la priorità.
Ma in Brasile cominciano a conoscermi: fino a un paio d'anni fa, nessuno sapeva chi ero, di autografi là ne firmavo pochissimi."
Ma casa sua qual è?
"L'Italia.
Ne stiamo parlando molto, in famiglia: credo che resteremo qui per sempre.
Anche perché per un personaggio famoso il Brasile può essere un paese molto pericoloso."
È molto che non torna in patria?
"Due anni. Anche le vacanze di Natale le passo sempre qui: prima andavo in montagna, stavolta sono rimasto a Torino, tranne una puntata a Gardaland per far divertire i bambini."
Loro come si sentono?
"Cindy è nata a Piacenza, Hugo Leonardo a Roma.
In Italia sono perfettamente integrati, come io e mia moglie: io sono un brasiliano atipico, non raduno clan, a casa si cucina la pasta.
Viviamo da italiani.
Anche per questo sono stato felice che mi abbia preso la Juve: all'estero ci sarei andato malvolentieri."
Ricorda come e perché arrivò da noi?
"È una lunga storia.
In Brasile giocavo solo per divertirmi con i ragazzi del mio paese, ma siccome ero bravo quando ho cominciato ad avere 17 anni mi sono messo a fare provini per i grandi club: Palmeiras, Santos, Portugueisa...."
Risultato?
"Bocciato, sempre.
Dicevano che ero troppo vecchio, che non avevo alle spalle una scuola di calcio.
Al Palmeiras sono addirittura arrivato alla dodicesima selezione, l'ultima.
Scartato."
e tra quelli che presero, qualcuno è diventato famoso?
"No, ma in Brasile ci sono migliaia di storie come la mia.
A quel punto, o smetti o emigri."
Per questo emigrò?
"a 19 anni trovai un posto in un piccolo club di provincia, il Santa Caterina, il quale ricevette un invito per il torneo di Viareggio.
Venne organizzata una selezione dei migliori ragazzi della zona e partimmo.
Dissi ai miei: io vado per non tornare più, ma se tornerò non giocherò mai più a calcio."
e cosa avrebbe fatto?
"Il camionista, come mio padre".
Cosa accadde, a Viareggio?
"Venimmo scelti in tre, anche se degli altri due ho perso le tracce.
Cominciai a girare: Bellinzona, Napoli dove conobbi mia moglie che lavorava con un chirurgo plastico, Piacenza, Empoli, Messina e infine il Chievo.
Non giocavo mai.
In pratica, la mia carriera è cominciata a 25 anni."
È stata dura?
"sì, ma non sono il tipo che si piange addosso per la solitudine o la nostalgia.
Avevo coraggio, non paura."
Le bastava essere calciatore o voleva essere campione?
"Vedevo Baggio, Totti, Del Piero, Inzaghi e pensavo: posso giocare con loro, devo giocare con loro."
e perché all'inizio non giocava mai?
"Forse dovevo maturare. Dovevo aspettare.
A Piacenza, ad esempio, davanti a me c'era un grande attaccante: Hubner."
Fu allenato da Mondonico, Novellino, Beretta: possibile che nessuno abbia creduto in lei?
"Su Mondonico, niente da dire: mi fece esordire nonostante a Napoli la situazione fosse disastrosa. Degli altri non so.
L'unico con cui ho avuto un brutto rapporto è stato Beretta, perché continuava a negarmi l'opportunità che credevo di meritare.
Non porto rancore, ma ci rimasi malissimo. Ma chi mi ha cambiato la vita è stato Pillon."
Pillon?
"Mi ha tirato fuori quello che avevo dentro. Non finirò mai di ringraziarlo.
Così come Guidolin, che mi volle fortissimamente al Palermo: sapevo solo lottare per la salvezza, ma lui vide in me il centravanti giusto per il Palermo."
La Juve è il traguardo?
"Era l'ultima occasione e non potevo lasciarla scappare.
Mi sono preparato lavorando sodo, fisicamente e mentalmente, ma la responsabilità di questa maglia pesantissima non mi ha mai spaventato, anche perché tutti mi hanno subito messo a mio agio."
Cosa sarebbe successo se Trezeguet non si fosse infortunato?
"Magari non avrei giocato mai, magari avrei giocato lo stesso.
Ci vuole anche un pizzico di fortuna."
Come mai adesso segna tantissimo e prima no?
"Nella Juve c'è più qualità e fare gol è più facile.
Ma forse dipende anche dalla voglia che ho: in area, adesso, un pallone sporco non me lo faccio più scappare.
E poi qui si lavora molto sui particolari, in allenamento Ranieri ci fa ricostruire le situazioni che posso accadere in partita e la domenica quel lavoro paga.
Oltretutto, è un modo di allenarmi che mi piace molto."
Cos'altro vuole, ancora?
"Vincere.
Non ho mai vinto niente, ne ho proprio tanta voglia."
da la Repubblica

Venerdì 2 Gennaio 2009

1 commento:

Anonimo ha detto...

Un attaccante come Amauri farebbe davvero comodo alla squadra di Lippi: lui e toni formerebbero una coppia di granatieri incredibile! se poi si avesse il coraggio di schierare anche un trequartista non ce ne sarebbe per nessuno! Ma se lui sceglierà la nazionale brasiliana nessuno potrà dirgli nulla. E' il paese in cui è nato e tutti vorrebbero giocare nella compagine della propria nazione