Quando l'azzurro prende posizione all'estremità della pedana di rincorsa, sono in pochi tra i cinquemila e passa del pubblico a tenere ancora alta l'attenzione.
Va in progressione. Accelera quando deve accelerare. In prossimità dell'asse di battuta inizia a caricare, taglia il passo e il bacino va giù come fosse l'azione più naturale di questo mondo.
Il piede di stacco stavolta finisce ben prima dell'asse di stacco. La rivelazione successiva dirà che il regalo è enorme, di 17,8 centimetri. Sicurezza - Ma almeno stavolta la bandierina bianca è assicurata. Con il primo dei tre balzi (l'hope) è giù lungo (6,28 metri), anche il secondo (lo step): quando ricade e ricarica sulla stessa gamba, è misurato in 5,15 metri.
L'ultima fase di volo, quella del jump, è perfetta (6,16), con la velocità di entrata ancora elevata.
Atterra sulla sabbia e ribalza immediatamente in aria con la consapevolezza di chi è certo d'aver scritto una pagina di storia.
" Oggi faccio la storia: l'ho scritto quando mi sono alzato dal letto sul mio diario ", dirà poi. Pochi secondi e sul display compare la misura di 17,59. Record italiano frantumato, migliore prestazione al mondo dell'anno e soprattutto titolo europeo assicurato.
Gli altri non esistono più. Lontani. L'ultimo dei sei salti è per tutti un inutile tentativo di ribaltare posizioni ormai granitiche. E quando l'ucraino chiude, centrando il secondo nullo della serie, Donato è già in tuta che corre ad abbracciare moglie e figlioletta in tribuna rinunciando così all'ultimo show.
Giro d'onore con in braccio la piccola Greta di tre anni e tre mesi, lei che la mattina, quando l'aveva visto prepararsi di tutto punto per la sua finale, aveva esclamato:
"Mà, perché papà si mette il costume se qui non c'è il mare?."
"Papà va a scrivere un pezzo di storia della nostra atletica", le aveva risposto Patrizia (Spuri), già azzurra dei 400 metri.
Un sabato da leoni per l'uomo che non aveva vinto mai.
"Non è vero, prima di questo titolo avevo già due medaglie, quella di mia moglie e mia figlia."il Salto Giusto - Un salto, un solo salto, regala all'Italia il 23° oro nelle trenta edizioni dei Campionati Europei indoor.
Basta un salto a rendere giustizia ad uno dei più talentuosi saltatori azzurri nove anni dopo l'impresa all'Arena di Milano, quando inatteso volò lontanissimo a 17,60.
Nove lunghe stagioni senza più avvicinare quella misura da campione. Senza mai provare la soddisfazione di salire sul gradino più alto. Senza mai riuscire a guadagnare una finale Olimpica da Sydney 2000 in poi. Un po' per sfortuna. Un po' per errori piccoli e grandi. Come quella volta che sulla spiaggia di Ostia, mentre si allenava a piedi nudi per rafforzare caviglie e muscoli, finì su una bottiglia rotta e per poco non tranciò in due il tandine d'Achille.
Poi, con la pazienza del tecnico di sempre, Luigi Pericoli, e dopo una lunga fase di alti e bassi, di sedute fisioterapiche per combattere una noiosa sciatalgia, ecco rinascere la voglia di riscatto.
"Sfortuna o errori? L'uno e l'altro probabilmente. Ma dopo l'ennesimo flop a Pechino avevo giurato che stavolta il finale sarebbe stato diverso. É da settembre che penso a questa finale. Per questo avevo tanta rabbia in corpo, nullo dopo nullo. Sapevo di valere il record italiano e di essere il più forte. Era più rabbia che paura però."e ora, come cambia la vita a 33 anni?
"Diciamo che non mi accontento, sono a un centimetro dal mio vecchio primato all'aperto e ho ancora tanti salti da fare per i prossimi tre anni.
Da qui a Londra 2012. Ci sarò anch'io e stavolta senza sfortuna e senza errori "
"Oggi faccio la storia: l'avevo scritto sul mio diario.
Da settembre pensavo a questa finale Lo so: ero il più forte"
"Dopo l'ennesimo flop a Pechino avevo giurato che stavolta sarebbe stato diverso.
Ora non mi voglio accontentare"
Corriere dello Sport Domenica 8 Marzo 2009
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