Se ne andato Achille, o meglio è tornato lassù, perché l'alpinista valtellinese, insieme a Lino Lacedelli il cielo lo aveva già toccato.
Un'impresa che rimane nella leggenda, nella storia. Non c'erano i mezzi di comunicazione odierni per trasmettere una così sensazionale impresa, ma ugualmente quel giorno di fine luglio a un quasi un decennio dalla fine della guerra, fu amplificato nel paese ed è rimasto ancora fra i gesti epici dello sport italiano.
Non c'era la televisione, con tg e reportage continui, ma la radio tuttavia ha diffuso per giorni quello sforzo epico in tutta la nazione, pari alle gesta di Coppi e Bartoli.
Achille Compagnoni era ricoverato all'ospedale di Aosta per problemi legati all'età. Se ne andato senza soffrire particolarmente, lasciando il mondo dell'alpinismo sgomento. Marco Confortala, che è anche lui di Valfurva e di ottomila ne ha scalati addirittura sei, nella mattinata è stato raggiunto dalla notizia:
" dovevo andare a trovarlo in questi giorni, peccato, non sono riuscito a salutarlo per l'ultima volta ".Marco Confortola, che ha perso tutte le dita dei piedi per il congelamento lo scorso agosto proprio sul K2, si trovava spesso con il grande Achille.
" C'era un ottimo rapporto, e insieme a mio zio Mario Testorelli, altro riferimento fra le guide alpine, è stato il personaggio che ha contribuito a farmi conoscere le mie montagne ".Achille e Marco vengono dalla stessa regione, la Lombardia, la stessa valle, la Valtellina, lo stesso comune, Val- furva, e addirittura della stesso borgo, ovvero Uzza, una minuscola frazione dopo Bormio in direzione della stazione sciistica di Santa Caterina.
"Il k2 è la montagna degli italiani, e con la morte di Achille se ne andato un pezzo di storia di questo celebre ottomila.Si diceva che risiedeva a Cervinia, e che faceva l'albergatore. Tutto vero, ma il grande Achille scappava appena poteva nella sua Valfurva per stare con le sue montagne, la sua gente, i suoi animali.
Non mancavo mai di andare a trovare Achille nelle sue baite. Ne aveva due. Una a Campolongo, dove teneva diversi cervi, e una a Campella. Quando scalavo gli 8000 ci confrontavamo sempre, e quando al ritorno dall'ultima salita sul suo k2 mi disse che non c'era nessun problema se non avevo più le dita dei piedi, perché le montagne si arrampicano e scalano con le mani ".
"La sua impresa era memorabile non tanto per la diversità di abbigliamento o per l'apporto alimentare che io avevo, ma la prima salita del k2 nel 1954 è stata la più epica, quella per eccellenza proprio perché era la prima., conclude Marco Confortola.
Io sapevo dove andavo, ero documentato, lui no. Achille e i suoi sono andati alla cieca, senza sapere cosa potessero aspettarsi dalla montagna che è di gran lunga la più insidiosa di tutte, anche più dell'Everest "
a proposito di comparazioni fra le due ere, Confortola come primo strato per la parte alta non usa come tutti il prolipopilene, ma una maglia di pelo di pecora.
" Me lo ha insegnato Achille. Mi aveva detto che con quella non avrei mai patito il freddo ".
Nessun commento:
Posta un commento