martedì 9 giugno 2009

Dwight Howard è Black Magic

Se un giocatore segna 40 punti e cattura 14 rimbal­zi pochi giorni dopo essere stato eletto miglior difensore della Nba, qualcosa non tor­na.
Uno sbaglio di persona? No, molto più semplicemen­te il soggetto in questione è Dwight Howard, un uomo che va al di li là di ogni clas­sificazione, di ogni tipologia, di tutto ciò che assomiglia al­la vita reale. Lui è davvero Superman. E non solo per quel mantello rosso con cui ha vinto la gara delle schiac­ciate nell'All Stars Game del 2008, per quel fisico impres­sionante, o anche solo per aver trascinato Orlando alla finale contro i Lakers di Bryant.
Howard è Superman per­chè è qui, sulla terra, quando non avrebbe mai dovuto es­sere nato.
Sua madre Sheryl, ex giocatrice del Morris Brown College, dopo sette aborti spontanei aveva quasi perso la speranza di regalare un figlio a Dwight Sr, milita­re ma anche uomo molto re­ligioso e responsabile atleti­co della Southwest Altanta Christina Academy.

Quando venne alla luce il piccolo Dwight David, la mamma rese gra­zie al Signore, e da quel momento iniziò a chiamarlo "Il Bambino Miracolo".

Ma i miracoli di Howard non po­tevano esaurirsi nella piccola Swainsboro.
Trasferitosi con la famiglia ad Atlanta, iniziò a prendere la palla da basket in mano a 9 an­ni.
Casa, chiesa, Gesù e playground diventa­rono subito il suo credo.
Era così grande, for­te e rapido che alle scuole medie aveva già fatto una lista di quelli che sarebbero stati i sette obiettivi principali della sua vita: tra questi c'era quello di diventare una prima scelta Nba. Terminata la Atlanta Christian Academy, non era più possibile credere che un ragazzo di 19 anni, con quella cattiveria sotto cane­stro, potesse sorbirsi quattro anni di univer­sità prima del grande salto. Infatti non lo fe­ce, e colse il primo obiettivo della sua vita venendo chiamato nel 2004 come 1ª scelta assoluta da Orlando.
Dopo quattro anni tra i pro', le sue spalle, i suoi muscoli, la sua ag­gressività sono cresciuti in maniera così esponenziale da suscitare due tipi di reazio­ne.
  • Reazione a: potrebbe essersi aiutato in "qualche maniera" per aumentare il volume dei suoi muscoli, dicono i maligni.
  • Reazione b: fa paura e basta.
Come la pensa Kevin Garnett, idolo totale del giovane Howard?
"é dieci volte più grosso di me quando avevo 18 anni. Io ero una valigia di ossa con un gran­de cuore. Lui è una stranezza della natura!."
Stranezza o no, il favoloso corpo di Dwight manda in visibilio le ragazze di Or­lando e dintorni. Il che non ha evitato al reli­giosissimo centro 24enne di dover riconosce­re la paternità di Braylon, il figlio avuto nel novembre del 2007 dalla relazione con Roy­ce Lyndsay Reed, ex cheerleader di Miami e Orlando. Il suo fisicaccio ha attirato anche le attenzioni di John Amaechi, l'ex centro ingle­se con un passato nella Nba e nella Virtus Bologna, uno dei primi cestisti a dichiarare la propria omosessualità:
"Tra tutti i corpi più duri della Lega, il suo è il numero uno."
Howard oggi è alto 2,11, pesa 120 chili ed ha fatto dimenticare ai tifosi di Orlando per­sino O'Neal:
"Per me il basket è divertimen­to. Per cui, appena posso, schiaccio. Due an­ni fa feci una previsione, dissi che avrei pre­sto vinto il titolo Nba. Tutti risero, soprattut­to i miei compagni di nazionale ai Giochi di Pechino"
Adesso nessuno ride più di Ho­ward, che ha dato vita ad una fondazione in favore dei ragazzi più bisognosi e non perde mai il contatto con i fan: a quelli iscritti a Twitter, su internet, ha chiesto di suggerirgli il suo nuovo soprannome.
Ha scelto quello di Black Magic, e ha regalato al "vincitore" un paio di scarpe autografate e dei biglietti per i play off. Black Magic contro Black Mamba Bryant: preparatevi ad un duello velenoso.

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