lunedì 23 novembre 2009

Alberto Castagnetti: un campione di allenatore e un allenatore di campioni


La sua voce. Sembrerà strano, ma appena abbiamo saputo della morte di Alberto Castagnetti, ci è sembrato di udire quella voce. In­confondibile, cantilenante, ironica. Alberto si portava dietro un'infan­zia ricca, non solo di emozioni. Ma­ria, la mamma, aveva fatto 12 al To­tocalcio in una domenica senza il 13. Una vincita di sei milioni che sommati allo stipendio del marito, Mario dirigente di una casa tedesca di trattori, erano un bel capitale per l'Italia alla fine degli anni Quaranta.
Castagnetti però non si era adagia­to su quella realtà, aveva preferito lottare. E aveva vinto tanto. Aveva comin­ciato mettendo su una squadra con Felotti, Guarducci e Rampazzo. Poi, se ne era andato a Brescia per far diventare ancora più grande Gior­gio Lamberti. Campione e primatista del mondo sui 200 sl. Nel nuoto di casa nostro quella era roba con cui potevi vivere di rendita per un'intera carriera. Ma lui era con­vinto che lavorando si poteva mi­gliorare, perchè accontentarsi? In quegli anni, parlare, raccontarsi, gli sembrava una perdita di tempo. I ri­sultati avrebbero avuto il grande merito di farlo sorridere di più.
Amava il nuoto, l'aveva praticato da atleta sfiorando la finale olimpica ai Giochi di Monaco 1972 con la 4x100 sl, fuori per soli tre centesimi. L'ac­qua era stata il suo elemento prefe­rito. Pallanotista, nuotatore, quindi allenatore.
Due volte, ci aveva confessato in una delle nostre chiacchierate lon­tani dalle piscine, si era stupito di quello che avevano fatto i suoi allie­vi. La prima ai Giochi di Sydney 2000, quando Domenico Fioravanti era andato a vincere l'oro nei 200 rana. L'altra quando Federica Pelle­grini aveva realizzato il suo primo mondiale sui 400 sl. Quella volta, davanti alla gioia di Federica, l'uo­mo di ghiaccio aveva pianto.
Fioravanti e Pellegrini, due nomi magici nella storia di Alberto. Con Domenico, nuotatore di un talento sconfinato e uomo di grande sensi­bilità, il legame era davvero forte. Il piemontese gli ha regalto due vitto­rie olimpiche, il sogno di tutti quel­li che si tuffano in piscina. Federica aveva con Castagnetti un rapporto complesso, il loro era un vero e pro­prio scontro generazionale. Non tut­to quello che lei faceva lontana dal­la piscina trovava l'approvazione del coach. Ma senza di lui non sape­va stare. Lo seguiva sacrificandosi in allenamento, come se fosse in una
finale olimpica. Lui la guarda­va e sorrideva. Diceva di non avere mai avuto fra le mani una così for­te. Era vero, con lei ha vinto l'oro olimpico, due ori e dieci primati mondiali. Aveva sco­perto il nuoto in una pisci­na per bam­bini in Loui­siana, nei primi anni Settanta. Era laggiù per se­guire la prima moglie. Patricia Pey­ton, ballerina classica. Da lei avreb­be avuto due figlie: Olivia e Linda. Poi, ci sarebbe stato il divorzio e il secondo matrimonio con un'italia­na, anche lei ballerina classica. Isa­bella Sollazzi, la seconda moglie. Gli ha dato due figlie: Veronica e Virginia. Di lei Alberto diceva: " é un fenomeno " . Ci raccontava, una volta a tavola mentre mandavamo giù un boccone di bollito, che era andata in pensione e si era messa a studiare di notte prendendo il diplo­ma del liceo scientifico. " Un feno­meno ".
Il nuoto era il secondo grande amore di Al­berto. C'era la musica li­rica davanti a tutto, assie­me al rim­pianto di non aver mai rea­lizzato il so­gno di diven­tare tenore come suo fratello. Quel­la voce non era certo la più adatta per la musica. Si era consolato met­tendo su un'incredibile collezione personale: oltre cinquemila dischi.
L'altra passione di Alberto, e del­la moglie Isabella, erano gli anima­li. Due cani e otto gatti riempiono la loro casa a Verona. Tutti trovatelli. Tutti amati allo stesso modo. Un uo­mo di passioni intense il nostro ami­co. A 66 anni se ne è andato in silen­zio, lasciando il nuoto senza il suo papà. Perchè Castagnetti questo mondo l'ha cambiato. Gli ha regala­to trionfi, popolarità, rispetto.
La voce. L'accento veneto, la risa­ta provocatoria dopo una battuta, i giudizi sferzanti, la voglia continua di migliorare. Dopo Londra 2012 avrebbe forse lasciato il nuoto per dedicarsi a una nuova sfida. Ci ave­va raccontato di un'Accademia del tennis, stile Bollettieri. Qualcosa di rivoluzionario da curare con John Newcombe. Un altro sogno. Uno dei pochi che non ha potuto realizzare.
di Dario Torromeo
Corriere dello Sport Martedì 13 Ottobre 2009

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